martedì 31 gennaio 2017

L'universo come un ologramma: Nuove conferme dai dati del satellite Planck.

Fonte: ANSA Scienze
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L'universo potrebbe essere davvero un gigantesco ologramma 3D, emanazione di un campo piatto bidimensionale: questa teoria cosmologica 'alternativa', elaborata negli anni '90, sembrerebbe infatti compatibile con i dati sperimentali raccolti sull'eco del Big Bang dal satellite Planck dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa). A indicarlo è lo studio pubblicato sulla rivista Physical Review Letters da un gruppo internazionale di fisici e astrofisici teorici a cui ha preso parte anche l'Italia con l'Università del Salento e la sezione di Lecce dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn).

L'ipotesi che l'universo funzioni come un enorme e complesso ologramma ha raccolto negli anni ''evidenze teoriche in vari settori della fisica delle interazioni fondamentali'', spiega Claudio Corianò, ricercatore dell'Infn e docente di fisica teorica nell'Università del Salento. ''L'idea alla base della teoria olografica dell'Universo - precisa l'esperto - è che tutte le informazioni che costituiscono la 'realtà' a tre dimensioni (più il tempo) siano contenute entro i confini di una realtà con una dimensione in meno''.

Per verificare la plausibilità di questo modello, i ricercatori hanno condotto un'analisi congiunta di aspetti teorici e fenomenologici della fisica dell'universo primordiale, insieme a studi di fisica delle interazioni fondamentali. I risultati di questa complessa analisi sono stati poi confrontati con i dati sperimentali satellitari sulla radiazione cosmica di fondo, l'eco del Big Bang appunto, risultando statisticamente compatibili anche con il modello olografico, e non solo con il modello corrente del nostro universo (chiamato Lambda-Cdm) che lo descrive come in fase di accelerazione a causa della presenza dell'energia oscura.  I ricercatori ritengono che i risultati di questo studio possano aprire la strada ad una migliore comprensione del cosmo, spiegando come siano nati lo spazio e il tempo in cui viviamo.

venerdì 6 gennaio 2017

Il cervello non smette mai di crescere: Continua a svilupparsi anche negli adulti.

Fonte: ANSA Scienze
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A sorpresa, il cervello umano ha trovato ancora il modo di stupire, superando la più consolidata delle teorie sul suo sviluppo: non è vero che una volta raggiunta l'età adulta resta uguale a se stesso, ma continua a crescere, almeno in una sua parte. Pubblicata sulla rivista Science, la ricerca è stata condotta da Jesse Gomez, dell' Istituto di Neuroscienze dell'università californiana di Stanford, e dimostra che nella parte del cervello specializzata nel riconoscere i volti si forma nuovo tessuto capace di assolvere nuove funzioni.
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Un risultato 'fantastico':
"Vediamo che questo tessuto cresce realmente", ha detto Gomez. La capacità di crescere del cervello è stata osservata in un'area che controlla una funzione importante, considerando che la capacità di riconoscere i visi è cruciale per avere una vita sociale, nei giovani come negli adulti. I risultati "indicano che ci sono dei cambiamenti concreti nel tessuto cerebrale che avvengono durante lo sviluppo, ha osservato il direttore dell' Istituto di Neuroscienze di Stanford, Kalanit Grill-Spector. "Penso - ha aggiunto - che questo sia fantastico".
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Proliferazione di microstrutture:
Finora era noto nell'infanzia e nell'adolescenza avviene un processo di eliminazione delle connessioni fra i neuroni (sinapsi) ormai diventate inutili per lasciare spazio a quelle più produttive. Adesso si è visto che avviene anche un altro cambiamento, nel quale si aggiunge qualcosa. I ricercatori hanno chiamato il fenomeno "proliferazione di microstrutture", anche se non sono ancora in grado di specificare quali sia la natura delle microstrutture. Un'ipotesi è che siano le 'ramificazioni' dei neuroni, ossia strutture chiamate dendriti che possono essere organizzate in modi diversi.
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L'esperimento:
I dati che documentano questi cambiamenti sono stati raccolti osservando il cervello in attività in 22 bambini e 25 adulti con una tecnica non invasiva come la Risonanza magnetica nucleare. E' emerso così che la regione del cervello che aiuta a riconoscere i visi continua a svilupparsi negli adulti., mentre non accade lo stesso nell'area che permette di riconoscere i luoghi, che resta invariata con il passare degli anni.
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Le prospettive:
Per Raffalella Tonini, esperta di Neuroscienze dell'Istituto Italiano di tecnologia (Iit) "è una ricerca molto interessante e importante" e segna "un notevole avanzamento" perchè potrebbe avere "implicazioni nella comprensione dei meccanismi alla base dei disordini dello sviluppo che portano a disturbi come autismo e schizofrenia". Queste nuove conoscenze aprono anche la "possibilità di identificare altri bersagli molecolari".

giovedì 5 gennaio 2017

Biomateriali a metà tra mondo vivente e inanimato - Plastiche con funzioni biologiche: cambiano colore e riparano ossa.

Fonte: ANSA Scienze
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Acqua e proteine della seta. Su questi due semplici 'ingredienti' si basa la 'ricetta' che apre la strada ad una nuova classe di materiali ibridi, al confine tra mondo vivente e inanimato. Tanto e' bastato infatti ai ricercatori della Tufts University, guidati dagli italiani Fiorenzo Omenetto e Benedetto Marelli, per sviluppare i primi biomateriali in 3D che possono essere programmati per compiere funzioni biologiche, come cambiare colore quando sono sotto sforzo o rilasciare farmaci, o ancora riparare le ossa. Il risultato, pubblicato sulla rivista dell'Accademia delle Scienze degli Stati Uniti (Pnas), puo' avere molte possibili applicazioni.

La seta, uno dei materiali più forti in natura
La struttura cristallina della seta e' unica e la rende uno dei materiali piu' forti in natura. La fibroina, la proteina che la rende resistente e si auto-assembla, ha la capacita' di proteggere altri materiali pur essendo completamente biocompatibile e biodegradabile. Grazie a queste proprieta', e' possibile costruire solidi di dimensioni molto diverse, anche piccolissime, per compiere determinate funzioni. In passato la stessa proteina e' stata utilizzata per ottenere delle spugne ma adesso si e' deciso di sfruttare altre proprieta', come la solidita' e la resistenza nel tempo: ''il nuovo materiale si comporta come una plastica dura. Ma oltre ad essere un solido, ha anche funzioni biologiche'', spiega all'ANSA Omenetto.

Viti che reagiscono al calore e producono farmaci
I ricercatori sono riusciti a costruire delle viti di fibroina: quando vengono esposte ai raggi infrarossi e scaldate fino alla temperatura di 160 gradi rilasciano enzimi o farmaci. ''Abbiamo ottenuto delle viti che si riscaldano aggiungendo delle nanoparticelle d'oro e possono assorbire le radiazioni'', continua Omenetto. In futuro, ''aggiungendo dei fattori di crescita si potranno avere delle viti ortopediche, capaci di aiutare la ricrescita delle ossa'', aggiunge. Le stesse capacita' sono state sfruttate anche per realizzare delle pinze chirurgiche che cambiano colore quando si avvicinano al loro limite meccanico.

In futuro bulloni 'sensibili' e oggetti per la casa rimodellabili
''La possibilita' di inserire degli elementi, di controllare il loro auto-assembleaggio e modificarne la forma finale, offre delle grandi opportunita' per realizzare biomateriali multifunzione'', commenta Omenetto. Anche se ancora serve molto studio, in futuro si potra' arrivare ad avere anche attrezzi, come dadi e bulloni, che sentono e segnalano le condizioni ambientali che li circondano, oppure oggetti per la casa che possono essere rimodellati.