martedì 30 agosto 2016

La prima macchina che impara osservando: Nuova generazione che potrà fare a meno dei programmi.

Fonte: ANSA Scienze
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Per la prima volta una macchina ha imparato semplicemente osservando, senza ricevere alcuna istruzione diretta: è l'ultimo traguardo raggiunto dall'intelligenza artificiale e il primo passo per una nuova generazione di macchine in grado di 'capire al volo' ogni istruzione senza essere programmate. In futuro macchine del genere potrebbero anche capire il comportamento umano, arrivando perfino a prevederlo. A ottenere il risultato, pubblicato sulla rivista Swarm Intelligence, è stata l'università britannica di Sheffield.
 Il metodo che ha permesso di ottenere questo risultato si basa sul gioco dell'imitazione proposto dal papà dei computer, il matematico britannico Alan Turing, per verificare se una macchina sia in grado di 'pensare'.
Mentre il test di Turing consiste in una sfida tra l'uomo e il computer nella quale quest'ultimo vince se viene scambiato per 'umano', l'esperimento dell'università di Sheffield vede in campo un programma di intelligenza artificiale e due sciami di robot, uno dei quali è in grado di apprendere e di imitare i movimenti dell'altro. Il compito in cui ha dovuto cimentarsi l'intelligenza artificiale è stato riconoscere lo sciame che imita l'altro: un obiettivo che la macchina ha raggiunto in pieno, semplicemente osservando con attenzione i movimenti dei robot.
"Il vantaggio di questo approccio è che l'uomo non dovrà più fornire istruzioni alle macchine", ha osservato Roderich Gross, che ha coordinato la ricerca. ''Immaginate che si voglia creare un robot pittore che dipinga come Picasso. Qualcuno - ha spiegato - dovrebbe prima dire agli algoritmi di apprendimento come si fa a dipingere come Picasso. Il nostro metodo non richiede tali conoscenze a priori, dovremmo solo premiare il robot che riesce a dipingere da solo come Picasso".
Macchine in grado di imparare semplicemente osservando, ha detto il ricercatore, potrebbero permettere in futuro di ottenere sistemi di intelligenza artificiale in grado di prevedere il comportamento umano, con applicazioni nel campo della sicurezza, per esempio per scoprire se qualcuno sta mentendo nelle verifiche di identità online.

mercoledì 24 agosto 2016

Pronte le prime batterie da ingoiare: Destinate a future 'navette' del corpo umano.

Fonte: ANSA Scienze
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Sono fatte della stessa sostanza che colora pelle e occhi, la melanina: sono le prime batterie da ingoiare, destinate a dare energia alle future navette capaci di viaggiare nel corpo umano per fare diagnosi e rilasciare farmaci. Presentate nel convegno della Società Americana di Chimica, in corso a Philadelphia, le batterie ingoiabili sono state messe a punto dal gruppo coordinato da Christopher Bettinger, dell'università americana Carnegie Mellon.
''Abbiamo visto che sostanzialmente funzionano'', ha detto uno degli autori, Hang-Ah Park. Con una batteria ottenuta con 600 milligrammi di melanina ''si può alimentare per 18 ore un dispositivo da 5 milliwatt'', ha detto ancora il ricercatore. Una batteria di questo tipo sarebbe sufficiente, per esempio, ad alimentare dispositivi capaci di viaggiare nel corpo umano, come capsule che somministrano farmaci direttamente negli organi giusti o sensori per la diagnosi che inviano dati per 20 ore consecutive prima di degradarsi.
Nel progettare dispositivo come questi, ha osservato Bettinger, si devono considerare i problemi di tossicità ed è per questo che, nel realizzarli, ''dobbiamo pensare a materiali di origine biologica''. Così i ricercatori hanno sperimentato la melanina per realizzare entrambi gli elettrodi della batteria.
Il prossimo passo sarà sperimentare anche altri materiali naturali, come la pectina estratta dalle piante e usata per preparare marmellate e gelatine. A quel punto si potrà pensare al rivestimento delle batterie, con materiali resistenti e non tossici, in grado di farle passare nello stomaco senza danni.

Dal caos le comunicazioni wireless più efficaci: Segnali irregolari e imprevedibili migliorano la trasmissione.

Fonte: ANSA Scienze
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Dal caos potrebbero nascere comunicazioni wireless migliori: usando segnali irregolari e imprevedibili, infatti, la trasmissione può diventare più efficace ed efficiente dal punto di vista energetico. Lo dimostrano i calcoli e gli esperimenti pubblicati sulla rivista Chaos dai ricercatori del Politecnico di Xian, in Cina, in collaborazione con l'Università di Aberdeen, in Gran Bretagna.
In questi anni il settore delle comunicazioni wireless (senza fili) è in continua espansione: basti pensare all'impiego che viene fatto di questa tecnologia attraverso smartphone e tablet. I limiti fisici che caratterizzano questo sistema (come ad esempio la propagazione del segnale per cammini multipli, i rumori di fondo dell'ambiente circostante e le interferenze), tendono però a impedire una trasmissione veloce e con un basso tasso di errori.
Una soluzione potrebbe venire proprio dall'uso di segnali caotici: facili da generare, irregolari, ad ampio spettro e difficili da prevedere, sembrano essere ideali per le comunicazioni, le applicazioni sonar e radar. Anche la trasmissione wireless potrebbe beneficiarne, con nuovi sistemi di trasmissione più affidabili ed efficienti.
''Abbiamo dimostrato che l'informazione trasmessa wireless attraverso un segnale caotico risulta inalterata anche se il segnale ricevuto è pesantemente distorto dai limiti stessi del canale wireless'', spiega H. P. Ren, ricercatore del Politecnico di Xian. ''Abbiamo inoltre dimostrato che il segnale può essere decodificato, così da fornire un'efficiente struttura ai moderni sistemi di comunicazione''.
I test hanno dimostrato a sorpresa che il segnale caotico può codificare ogni sorgente binaria di informazione in modo efficiente dal punto di vista energetico. Il prossimo obiettivo dei ricercatori è quello di uscire dal laboratorio sviluppando prototipi adatti anche al mondo reale delle comunicazioni wireless.

domenica 21 agosto 2016

Un batterio sintetico dimostra che è possibile riscrivere il DNA: Più vicine le forme di vita progettate al computer.

Fonte: ANSA Scienze
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Un batterio sintetico, nel quale una grande parte del DNA è stata rimpiazzata con sequenze progettate al computer, dimostra per la prima volta che è possibile ottenere in laboratorio forme di vita dal materiale genetico interamente progettato al computer e che in natura non esistono. Il risultato, pubblicato sulla rivista Science dal gruppo dell'università di Harvard coordinato da George Church, avvicina notevolmente la possibilità di ottenere organismi capaci di svolgere compiti impossibili per gli esseri viventi che conosciamo.
Si potrebbero progettare, ad esempio, batteri immuni ai virus al servizio delle aziende farmaceutiche o biotecnologiche: non è una banalità, ma un cambiamento che farebbe risparmiare i miliardi di dollari che oggi vanno perduti a causa di queste contaminazioni. Diventerebbe anche possibile controllare il comportamento degli organismi sintetici al di fuori dei laboratori in cui vengono prodotti, evitandone la dispersione nell'ambiente.
Il batterio che apre concretamente la via a questa possibilità è uno dei più comuni, l'Escherichia coli, e il suo patrimonio genetico è stato modificato utilizzando una tecnica equivalente a quella del "trova e sostituisci" utilizzata nei programmi di scrittura. La tecnica consiste nell'identificare alcune "parole" del DNA, ossia piccole sequenze di informazione genetica chiamate codoni e nel sostituirle con sequenze progettate dai ricercatori.
E' anche possibile sostituire più codoni con un'unica sequenza, tanti che i ricercatori sono riusciti a ridurre i codoni da 64 a 57. Sebbene non tutti i 57 codoni sintetici siano in grado di svolgere una funzione, per i ricercatori il risultato dimostra la possibilità di riscrivere completamente il genoma di un essere vivente.

martedì 9 agosto 2016

Realizzato un interruttore in miniatura che converte i segnali elettrici in quelli ottici.

Fonte: ANSA Scienze
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Grazie ad un mix di luce e materia è stato realizzato un interruttore in miniatura che può convertire velocemente i segnali elettrici in quelli ottici, aprendo la strada a dispositivi elettronici più veloci e piccoli. Pubblicato sulla rivista Nature Materials, il risultato della ricerca si deve al gruppo guidato da Jeremy Baumberg, dell'università britannica di Cambridge.
Nell'elettronica, spiegano gli autori, c'è una differenza fondamentale tra il modo in cui le informazioni sono elaborate e il modo in cui vengono trasmesse. Per elaborare le informazioni, le cariche elettriche si muovono su chip fatti di materiali semiconduttori, ma per trasmetterle vengono usati impulsi di luce che viaggiano su fibre ottiche. Per questa ragione bisogna convertire i segnali elettrici in quelli ottici, ma gli attuali sistemi di conversione sono molto lenti. Per rendere la conversione più veloce i ricercatori hanno costruito un interruttore che utilizza particelle molto particolari, che sono un mix fra la luce e la materia. Chiamate polaritoni, sono formate da particelle di luce accoppiate con gli elettroni di un materiale semiconduttore.
Il primo passo è stato ottenere queste particelle ed è stato possibile intrappolando la luce in un sistema di specchi nel quale sono state sistemate lamine sottili di semiconduttori. In questa trappola la particella di luce rimbalza da un lato all'altro fino a quando non riesce a colpire gli elettroni del materiale semiconduttore e quando questo accade avviene il mix. In un secondo esperimento le particelle sono state disposte in una piccola cavità, dove hanno formato tutte insieme una sorta di 'condensa', simile a quella che si forma quando c'è molta umidità.
La caratteristica di questa condensa è quella di poter ruotare sia in senso orario sia antiorario in modo controllato, grazie all'applicazione di un campo elettrico. In questo modo il sistema funziona come un interruttore, che unifica in un unico dispositivo le proprietà elettroniche e ottiche, e che può essere usato per convertire velocemente i segnali elettrici in quelli ottici.