giovedì 8 ottobre 2015

Atomi d'oro come “connettori”, per legare fra loro molecole polari.

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Singoli atomi di oro carichi positivamente possono essere sfruttati come “connettori”, per legare fra loro molecole polari. La scoperta, frutto di una ricerca dell’Università di Trieste e dell’Istituto Officina dei Materiali del Cnr, è stata pubblicata sulla rivista Acs Nano, e potrebbe aprire la strada allo sviluppo di una nuova generazione di dispositivi elettronici e meccanici, ottenuti assemblando molecole organiche.
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A sottolineare la novità e la rilevanza della ricerca, il lavoro è stato anche oggetto di uno specifico articolo di Perspective, pubblicato sullo stesso numero della rivista a cura di Saw-Wai Hla, noto nanotecnologo dell’Argonne National Laboratory e della Ohio University.
La possibilità di sviluppare dispositivi elettronici e meccanici assemblando molecole organiche su superfici è da diversi decenni oggetto di studio intenso da parte della comunità scientifica, nella prospettiva di ottenere con tale approccio efficienze più elevate e dimensioni estremamente ridotte. In questo contesto, una delle sfide fondamentali e più complesse consiste nel riuscire a controllare con precisione le proprietà strutturali ed elettroniche delle architetture molecolari.
In gran parte degli studi svolti fino ad ora per caratterizzare le interazioni inter-molecolari che determinano tali proprietà, viene sfruttata come substrato una superficie di oro, che bene si presta a questo scopo vista la sua scarsa reattività e quindi debole influenza sulle proprietà delle molecole. Tuttavia, è ben noto che anche l’oro, quando ridotto a particelle di dimensioni nanometriche, diventa molto reattivo, con svariate applicazioni che spaziano dalla medicina alla catalisi.
Questa caratteristica, legata allo stato di carica degli atomi di oro, suggerisce l’idea che anche singoli atomi di oro, tipicamente disponibili in grande quantità sulle superfici di tale metallo, potrebbero essere sfruttati come “connettori” per legare fra loro molecole organiche. È proprio questa la scoperta ottenuta dai ricercatori triestini, che apre la porta al possibile sviluppo di svariate applicazioni, da nuovi catalizzatori, dove gli adatomi stabilizzati dalle molecole svolgono il ruolo di centri reattivi, alla formazione di architetture molecolari su superfici con funzionalità più ricche, formate dall’assemblaggio di molecole polari mediato da adatomi. Inoltre, la scoperta può contribuire a comprendere più a fondo le proprietà chimico-fisiche dell’interfaccia oro-dimetilsolfossido (la molecola utilizzata per questo studio), che è rilevante nel campo dell’elettrochimica e nella sintesi di nanoparticelle.
Il lavoro ha richiesto una stretta collaborazione tra esperimenti e teoria. Dal punto di vista sperimentale, depositando sull’oro del dimetilsolfossido (DMSO), una semplice molecola polare composta da Carbonio, Idrogeno, Zolfo ed Ossigeno, si è rilevato che forma spontaneamente dei complessi costituiti da tre o quattro molecole. Combinando la microscopia a scansione a effetto tunnel, che permette di ottenere immagini della superficie e delle molecole con risoluzione atomica, con tecniche spettroscopiche basate sulla luce di sincrotrone, è stato possibile determinare la struttura fine di tali complessi, identificando la posizione e la geometria di ciascuna delle molecole coinvolte.
Tale struttura risultava però difficilmente spiegabile dal punto di vista fisico-chimico: i DMSO apparivano infatti legarsi mutuamente tramite i loro atomi di ossigeno, che, avendo una carica nettamente negativa, dovrebbero invece respingersi. Simulazioni teoriche di tali strutture hanno confermato l’instabilità dei complessi osservati, prevedendone l’immediata trasformazione in altre strutture, mai osservate sperimentalmente. Il dilemma si è risolto introducendo nella simulazione, al centro dei complessi, uno o due atomi d’oro, che risultano avere carica positiva e sono quindi in grado di schermare le terminazioni negative dei Dmso, rendendo stabili i complessi. Tali simulazioni, che riproducono esattamente le strutture osservate, prevedono altresì che gli atomi di oro “aggiunti”, per le loro proprietà elettroniche e la loro posizione, risultino essere effettivamente invisibili sperimentalmente.
Riferimenti: Trapping of Charged Gold Adatoms by Dimethyl Sulfoxide on a Gold Surface; Zhijing Feng, Simone Velar, Albano Cossaro, Carla Castellarin-Cudia, Alberto Verdini, Erik Vesselli, Carlo Dri, Maria Peressi, Alessandro De Vita, and Giovanni Comelli; Acs Nano DOI: 10.1021/acsnano.5b02284

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