lunedì 9 marzo 2015

Intervista ad Antonio Masiero (vicepresidente dell'INFN e docente di fisica teorica all'Università di Padova).

Fonte: www.infn.it 
--------------------
Professor Masiero, le nuove frontiere della fisica delle particelle sconfinano oggi in campi che tradizionalmente appartengono alla cosmologia e all’astrofisica. Già dal prossimo avvio di LHC i fisici delle particelle si aspettano importanti informazioni sulla natura della materia oscura. Che cosa ha portato a questo allargamento dell’orizzonte?
.
Premetto che non si tratta né di un cambio di rotta, né di un improvviso allargamento dei nostri orizzonti di ricerca. È un processo che avviene nel contesto più generale di What Next, il percorso di definizione delle priorità future della ricerca dell’ente, in corso dal 2014. L’impegno in campi in cui non abbiamo ancora una presenza specifica si deve innanzitutto a un interesse culturale, giustificato dalla relazione che questi temi hanno con i temi propri della ricerca INFN. In secondo luogo, siamo motivati dalla consapevolezza che il nostro know how specifico può dare importanti contributi alle ricerche in questo settore. A rigore, poi, la nostra fisica delle particelle nasce come fisica dei raggi cosmici e il connubio tra microcosmo e macrocosmo è proprio della ricerca dell’INFN. Il primo acceleratore sfruttato dai fisici per lo studio delle particelle è stato proprio il cosmo e, anche dopo lo sviluppo degli acceleratori, abbiamo proseguito con un intenso programma di fisica dei raggi cosmici. Con i telescopi a terra per la "gamma astronomia", ad esempio. In questo contesto, il nostro strumento di punta è il telescopio Magic, alle Canarie, ora ufficialmente integrato nel più esteso progetto CTA (Cherenkov Telescope Array), che rappresenta il futuro della fisica in questo campo. La ricerca sulle particelle cosmiche ha visto poi in passato importanti collaborazioni come il progetto italo-cinese Argo, in Tibet, il telescopio per raggi cosmici a più alta quota al mondo, e siamo attualmente impegnati nel progetto Auger, nella Pampa argentina, per lo studio dei fotoni cosmici, ma anche di neutrini di alta energia. Nel campo dei neutrini, contiamo sull'impegno sinergico di numerosi esperimenti ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso: in passato, con Macro e Gallex, oggi con Borexino, impegnato da tempo nella ricerca sui neutrini atmosferici, solari e dei geoneutrini, prodotti nella crosta terrestre, e LVD (Large Volume Detector) per la ricerca dei neutrini prodotti nelle esplosioni di supernova. Vi è poi il grande progetto internazionale Km3net, il laboratorio sottomarino per lo studio dei neutrini cosmici di alta energia. Un impegno di rilievo è condotto da anni nel campo delle onde gravitazionali. Con la costruzione di grandi interferometri, come l’italo-francese Virgo, nella campagna vicino a Pisa, la loro rivelazione è oggi una concreta possibilità, alla portata delle attese degli scienziati. Partecipiamo inoltre da anni a imprese spaziali di successo, che hanno visto l'INFN ricoprire ruoli di leadership: è il caso del satellite Pamela, il cui programma di ricerca è integrato a quello degli obiettivi dei satelliti della Nasa, AMS-02 (Alpha Magnetic Spectrometer) e Fermi, nei quali abbiamo una partecipazione molto significativa. Il prossimo futuro prevede la nostra partecipazione all’esperimento su satellite Gamma 400, che sarà lanciato su vettore russo tra circa due anni, dedicato allo studio dei fotoni cosmici. La partecipazione all’esperimento cinese DAMPE (DArk Matter Particle Explorer) per la materia oscura, inoltre, apre un’importante filone di collaborazione con il programma spaziale cinese. Quest’ultimo prevede, tra gli altri, la realizzazione di una stazione spaziale sulla quale pensiamo di installare un avanzato esperimento, HERD (High Energy cosmic Radiation Detection), per la ricerca indiretta di materia oscura nello spazio.
.
Dopo la materia oscura, la grande frontiera della ricerca cosmologica è lo studio dell’energia oscura, quella parte dell’Universo che ne costituisce più del 70%. Come possiamo affrontare una sfida di queste dimensioni?
.
Noi fisici teorici abbiamo un vantaggio sui fisici sperimentali: dobbiamo fare i conti con una minore limitazione delle possibilità di ricerca e ci è permesso spaziare oltre i confini di ciò che è accessibile agli esperimenti. Stiamo avendo in questo senso diverse collaborazioni interessanti (che chiamiamo “iniziative specifiche”) due delle quali sono incentrate su temi di cosmologia, in particolare sullo studio della radiazione cosmica di fondo e sullo studio dell’energia oscura.
Sul fronte della radiazione cosmica di fondo, cioé l’immagine dell’universo primordiale che siamo in grado di rivelare e studiare, siamo impegnati nella progettazione di un esperimento per la rivelazione di una sua proprietà, la polarizzazione, che può dare importanti indizi sul meccanismo, l’inflazione, che 13.5 miliardi di anni fa è stato decisivo per la formazione del nostro universo, così come è oggi.
Attualmente, la collaborazione internazionale BICEP (Background Imaging of Cosmic Extragalactic Polarization) è impegnata nello studio della polarizzazione della radiazione cosmica di fondo. In particolare nel 2014, BICEP ha dato risultati che sono stati inizialmente interpretati come un'impronta delle onde gravitazionali generate durante l'inflazione sulla radiazione cosmica di fondo, in particolare sulla polarizzazione dei fotoni che la compongono. Il risultato non è stato poi confermato ma si ritiene che sia possibile ottenere dati più accurati estendendo il campo d'indagine e la portata degli esperimenti. Per questi studi abbiamo attivato una collaborazione con l’INAF, l'Istituto Nazionale di Astrofisica nell’ambito dell’esperimento LSPE (Large Scale Polarization Explorer). L’esperimento prevede il lancio dalle Isole Svalbard, a nord della Norvegia, di palloni aerostatici sui quali sono installati dei rivelatori che, di ritorno dopo qualche giorno o qualche mese, portano informazioni sulle proprietà della radiazione cosmica di fondo e, in particolare, proprio sulla sua polarizzazione.
Per lo studio dell’energia oscura, abbiamo in programma la collaborazione con un esperimento dell’ESA (European Space Agency), EUCLID (European Cooperation for Lighting Detection), che ha come obiettivo primario la misura dell’accelerazione con cui si sta espandendo il nostro universo, che si ritiene essere dovuta proprio alla presenza di energia oscura. In particolare, dalle variazioni di questa accelerazione potrebbe dipendere una variazione corrispondente dell’energia oscura nel corso del tempo. L’oggetto di indagine, in questo caso, sono le galassie, la cui distribuzione è tenuta sotto osservazione grazie al confronto tra fotografie dello spazio fatte a distanze sempre maggiori, corrispondenti a epoche sempre più remote. Ultima, non per interesse, ma perché si concretizza secondo modalità peculiari, è la collaborazione con l’esperimento Planck, nel quale sono coinvolti per l’Italia INAF e ASI (Agenzia Spaziale Italiana), e dedicato all’esplorazione dell’universo profondo. L’INFN parteciperà in questo caso con un gruppo composto a grande maggioranza di giovani, con l’obiettivo primario della loro formazione, partecipando per la prima volta alla produzione scientifica dell’esperimento.
.
Come si configura la collaborazione con gli enti dedicati per missione primaria alle ricerche cosmologiche?
.
L’interesse per aspetti della ricerca che si trovano al limite degli obiettivi primi della fisica delle particelle, si deve anche ad altri due fattori rilevanti, oltre al già citato interesse culturale e cioè all’esperienza che siamo in grado di mettere in campo. Il primo riguarda lo stato dell’arte della ricerca con gli acceleratori e in ambito astroparticellare, che sta spostando sempre più l’impegno dei fisici verso aspettative di scoperta di nuova fisica, di nuove particelle ed estensioni del quadro attuale delle particelle elementari e delle loro interazioni. L’altro è di tipo più sociologico: siamo sempre più interessati ad allargare il quadro delle nostre collaborazioni con altri enti, in Italia, in particolare con l’ASI e l’INAF, e all’estero, nell’ottica di una collaborazione sinergica nei settori di interesse comune. È un processo che si sta realizzando anche in altri paesi, dove enti paragonabili al nostro sono sempre più spesso impegnati in ricerche di cosmologia. Altri fattori importanti sono la condivisione delle competenze tecnologiche acquisite attraverso gli esperimenti di fisica di base e la possibilità di condividere esperienze di formazione per giovani ricercatori.
Possiamo contribuire con un know how unico in Italia in fatto di rivelatori di particelle e tecnologie al silicio. La stessa ricerca con gli acceleratori ci ha consentito di acquisire competenze di altissimo livello nei settori dell’elettronica e del calcolo, queste ultime indispensabili per la gestione dell’immane quantità di dati che derivano dalla fisica spaziale. Un esempio è fornito dai fisici che sono oggi impegnati negli esperimenti Fermi e AMS-02, che provengono in gran parte dalla fisica degli acceleratori di particelle.
L’esperienza di ricerca in condizioni ambientali estreme fa inoltre dei laboratori dell’INFN una risorsa preziosa per lo sviluppo di tecnologie di alto livello. In questo contesto è in fase di progettazione un’infrastruttura specifica ai Laboratori Nazionali di Frascati, con la prospettiva di realizzare un hub tecnologico per la fisica dello spazio, interessante opportunità anche per la formazione di giovani ricercatori in questo settore.

sabato 7 marzo 2015

Un universo finito? Sì, ma luminoso!

-------------------------
Un  universo finito, implica necessariamente l’esistenza, ai suoi confini (ovvero ai suo limiti esterni), di forze e campi di natura “negativa e repulsiva”, rispetto a quelli che definiscono la nostra ordinaria realtà. Un universo finito, infatti, non potrebbe trovarsi isolato da un altro potenziale universo parallelo, costituito da campi della stessa natura di quelli che costituiscono la nostra realtà. Ipotizzando l’esistenza di un universo parallelo al nostro, esso infatti non potrebbe essere inteso da un punto di vista concettuale, come una sorta di immenso “vuoto di campo” (o “vuoto di informazione”) , esterno e “combaciante” con il nostro universo. Un ipotetico “vuoto di campo” (tra l'altro impossibile per le leggi della Relatività Generale), infatti (posto ai limiti esterni del nostro universo, ipotizzandone l’esistenza), non farebbe altro che assorbire/”risucchiare” immediatamente tutta l’energia (in qualsivoglia forma) che si trovi ai limiti cosmici di un simile universo (finito); il che porterebbe quindi ad una sua inevitabile ed ulteriore espansione. Un ipotetico universo finito, dunque, dovrebbe necessariamente essere “contenuto”, all’interno di un altro universo parallelo in cui la natura delle forze e dei campi sia esattamente opposta a quella che conosciamo nella nostra realtà fisica. Se diamo quindi una connotazione “positiva” alla natura della nostra realtà fisica, dovremmo necessariamente dare una connotazione “negativa” alla natura di un ipotetico universo parallelo in cui ci troveremmo “inglobati”. Senza l’esistenza di tali campi di natura opposti a quelli ordinari (appartenenti alla nostra realtà fisica), ovvero di campi che avendo una connotazione negativa, siano di conseguenza anche repulsivi, rispetto a quelli che definiscono la nostra realtà fisica, non è possibile ipotizzare l’esistenza di un universo parallelo, posto ai limiti di un ipotetico universo finito. Come ovviamente, di conseguenza, non è neanche possibile ipotizzare l’esistenza di un universo finito. Ma ora arriva il bello:
Se il nostro universo fosse realmente finito, e un siffatto universo parallelo (di natura negativa/repulsiva) esistesse davvero, allora ai confini dell’universo finito (ai suoi limiti cosmici), dovrebbe esistere anche una sorta di “barriera cosmica” in grado di respingere tutta la materia e l’energia di un universo finito ma in espansione, nonché tutta la radiazione dell’intero spettro elettromagnetico; luce visibile compresa!
Sarebbe dunque come avere uno specchio di dimensioni inimmaginabili, posto ai confini dell’universo (finito), in grado di riflettere (oltre a tutte le altre radiazioni elettromagnetiche) anche la luce visibile di tutte le stelle contenute al suo interno! Se ciò fosse vero, un universo finito, dovrebbe gradualmente divenire sempre più luminoso; per cui un osservatore posto al suo interno (ad esempio sulla Terra), dopo un certo intervallo di tempo (milioni o miliardi di anni, a dipendenza del raggio cosmico dell’universo finito considerato e della sua età; nonché dell’età dell’universo parallelo), non distinguerebbe più il giorno dalla notte, poiché l’intensità della luce sulla Terra (come in qualsiasi altro punto dell’universo) sarebbe sempre la stessa, con o senza la presenza della nostra stella (il Sole)! Si entrerebbe quindi nell’Era del …giorno perpetuo. Tuttavia, ciò potrebbe anche non accadere mai, se nell’universo finito, vi fosse anche un numero sufficientemente elevato, di Buchi Neri. Resta comunque il fatto che, anche qualora vivessimo realmente in un universo finito e ipoteticamente privo di Buchi Neri, la specie umana molto probabilmente non riuscirebbe mai ad osservarne le conseguenze a lungo termine (anzi, a lunghissimo termine); l’attesa infatti sarebbe troppo lunga, per la durata di vita di qualsiasi specie animale.

Fausto Intilla - www.oloscience.com