mercoledì 31 luglio 2013

Supercolla agli ultrasuoni: Tiene unite le nanoparticelle.

Nanoparticelle 'incollate' grazie agli ultrasuoni (fonte: Wiley-VCH)
Fonte: ANSA Scienze
----------------------------
Incollare oggetti talmente piccoli da essere invisibili, come le cosiddette nanoparticelle, è un problema molto difficile e richiede processi molto costosi e complicati. Per incollare tra loro queste minuscole particelle, decine di volte più piccole dello spessore di un capello, un gruppo di ricercatori dell'Università canadese McGill ha deciso di usare una strana colla: il suono, o meglio gli ultrasuoni.

Gli ultrasuoni sono delle frequenze per noi non udibili e che invece sono riconosciute dai cani oppure dai pipistrelli, che li usano per volare e cacciare durante la notte.
Quando si propagano nei liquidi, gli ultrasuoni possono creare delle minuscole bolle che durano brevissime frazioni di secondo e al cui interno si creano temperature altissime ed i ricercatori hanno scoperto che le condizioni all'interno di queste microbolle sono molto simili a quelle necessarie per incollare le nanoparticelle.

Finora per tenere unite le nanoparticelle erano necessari degli speciali e costosissimi forni, ma sfruttando le microbolle create dagli ultrasuoni i ricercatori sono riusciti a incollare vari tipi di nanoparticelle con un nuovo metodo molto economico e che potrebbe quindi semplificare i processi industriali.

Una prima possibile applicazione potrebbe essere, ad esempio, incollare le nanoparticelle di platino all'interno delle marmitte catalitiche delle automobili. I filtri al loro interno sono infatti costituiti da piccole particelle di platino che però sono molto difficili da incollare tra loro e che quindi si perdono nel tempo nell'aria. Con la nuova 'colla di suono' le marmitte catalitiche potranno così essere meno costose, meno inquinanti e durare di più.

martedì 30 luglio 2013

Uno smartphone per misurare il battito cardiaco, la pressione sanguigna, la respirazione, la saturazione dell’ossigeno e la temperatura cutanea.


Fonte: Euronews
------------------------
Ecco il futuro delle visite mediche…….“Metta le sue dita qui in modo da poter fare l’elettrocardiogramma…il ritmo è perfetto”

Un sensore e uno smartphon, ecco l’attrezzatura del medico.

Dr. Eric Topol, cardiologo statunitense: “Le dita sul sensore mettono in relazione col cuore del paziente. Poi c‘è la trasmissione wireless”.

Un sensore sulle estremità delle dita e l’analisi continua per questo paziente che è stato operato da poco al cuore. Obiettivo: determinare il tasso di ossigeno nel flusso sanguigno.

Dr. Eric Topol: “ Piuttosto che mettere in campo un’attrezzatura ospedaliera da 3 o 7 mila dollari, basta adoperare il cellulare e un’applicazione”.

Il dottor Topol ha sviluppato da solo diverse applicazioni pensando che la medicina deve rivoluzionarsi da sola.

Dr. Eric Topo:
“Ogni medico dovrebbe studiare. Questo è un vero stetoscopio. Quello che studiamo oggi e che ignoro è uno stetoscopio fatto col cellulare, senza cavi”.


Questo cardiologo lo ammette: prescrive piu’ smartphone che medicine. Del resto puo’ seguire meglio i suoi pazeinti a distanza. E’ una fortuna per Bill Sousa che vive a piu’ di un’ora dall’ospedale. Due volte al giorno questo anziano paziente controlla la sua pressione sanguigna con il tablet.
Bill Sousa, paziente: “ E’ troppo alta, ma intanto il dato viene mandato automaticamente al dottore su base settimanale, ecco tutto quello che devo fare”.
La tecnologia è francese con un costo di circa 200 euro. Una cifra abbordabile in un paese in cui le spese sanitarie sono enormi. Si è meglio seguiti, si risparmia tempo e denaro, ed è quello a cui punta una azienda di San Diego. In futuro sarete collegati a questi agevoli apparecchi realizzati qui e che si stanno testando già in diversi ospedali.

Garry Manning, Soterra Wireless:
“ Puo’ rilevare tutti i parametri vitali del paziente: il battito cardiaco, la pressione sanguigna, la respirazione, la saturazione dell’ossigeno la temperatura cutanea…”.


Il vostro medico potrà seguirvi in tempo reale grazie al vostro telefonino anche se siete dall’altra parte della terra.

SOUNDBITE Garry Manning, Soterra Wireless: “Adesso hanno subito queste informazioni, in modo da poter prendere rapide decisioni. Nel caso sarà possibile, come fanno alcune aziende, verificare i dati ricevuti e fare pronostici in tempo sull’andamento dei problemi del paziente”.

Predire le prospettive future, ecco l’obiettivo di chi ha concepito queste soluzioni. Topol sostiene che presto sarà possibile fare diagnosi a distanza con sensori piazzati sulla pelle o sotto la pelle.

Dr Eric Topol:
“Fra 5 anni forse, potremo avere microscopici nano sensori da far navigare nel sangue che potranno rivelare la presenza di un tumore per la prima volta direttamente nel flusso sanguigno”.


Con l’abilità di fare una diagnosi anticipata questi apparecchi del futuro rimpiazzeranno il medico?

Tuo figlio ha un’eruzione cutanea. Lo scanner mobile la identifica e si consiglia di far restare a casa il bambino.

Tua figlia non sta bene. Un sensore rileva la sua temperatura corporea e puo’ anche analizzare le urine. Questa volta l’aparecchio consiglia di portarla in ospedale e fornisce anche l’indirizzo del centro sanitario piu’ vicino.

Fantascienza? Non proprio. Questo progetto in pochi mesi sta diventando realtà. L’idea di verificare la propria salute proprio come si apre la proria email. Una cosa allo stesso tempo affascinante e spaventosa.

Leap Motion, il computer si comanda con le mani.

Fonte: La Stampa
-------------------------
Il prodotto è disponibile in Europa sul portale di Amazon UK, ma le recensioni sono tiepide: potenziale enorme, dicono gli esperti, ma esperienza da migliorare.
Impartire comandi al proprio pc come nel film «Minority Report» è quasi realtà. Leap Motion , tecnologia racchiusa in un parallelepipedo lungo appena 80 millimetri e alto nemmeno 13 che permette di comandare il computer a mani nude, dopo aver esordito la settimana scorsa negli Usa avvia le consegne anche in Europa. Debutta con un suo negozio online di applicazioni, dai giochi alle app di Google Earth o di Corel. Le recensioni per ora sono tiepide: il potenziale è enorme, dicono gli esperti, ma l’esperienza è da migliorare. 
 
Lanciato un anno fa dall’omonima casa californiana, Leap Motion quest’anno ha catalizzato l’attenzione della SXSW Interactive 2013 di Austin in Texas, aggiudicandosi la menzione d’onore per i prodotti digitali pronti a fare tendenza. Il prodotto è disponibile in Europa sul portale di Amazon UK e dall’Italia si può ordinarlo anche sul sito dell’azienda a un prezzo che, al netto di consegna, è di poco più di una settantina di euro. 
 
Leap Motion è un «controller» simile a quelli usati dalle ultime console di videogiochi, più piccolo, che si collega a pc e Mac tramite porta Usb, mentre sul computer si installa un programma ad hoc. L’app store dedicato a questi programmi si chiama Airspace e conta già 75 applicazioni. Il software, promettono gli sviluppatori, rende la tecnologia cento volte più precisa nella rilevazione dei movimenti rispetto alle odierne console ludiche. 
 
Negli Usa, intanto, fioccano anche le prime recensioni, per la verità abbastanza tiepide. Per molti l’esperienza è un po’ frustrante e più complicata di quello che ci si aspettava, considerando il numero limitato di app. Nessuno tuttavia ha dubbi: il potenziale della tecnologia c’è ed è per lo più inesplorato.  
(Ansa)   

Mushroom House: dai funghi il nuovo isolante per l'edilizia.

Fonte: Corriere Scienze
(Un articolo di Carolina Saporiti)
-----------------------------
L'obiettivo: sostituire le schiume chimiche per ricoprire le pareti delle case di legno.
Ecovative Design è un’azienda che produce bioplastiche a partire dai miceli (l’insieme delle ife che costituiscono il corpo vegetativo dei funghi – le radici) con base a Green Island, New York. Da anni lo staff cerca soluzioni per sostituire l’uso della plastica per gli imballaggi, e per l’edilizia. Da quando ha aperto nel 2007, l’azienda si è concentrata soprattutto sulla seconda, ma nel 2009 l’attenzione si è dovuta spostare sulle confezioni – causa un mercato potenziale migliore. Ora che il settore packaging è decollato e anzi ormai è affermato, Ecovative è tornato su i suoi primi passi, costruendo la prima The Mushroom Tiny House, una piccola casa isolata con i funghi.
SOSTITUIRE LE SCHIUME VEGETALI - Per ora è usata come una piccola sala conferenze, ma è una prima prova di ciò che si vorrebbe sviluppare in futuro. Il materiale isolante è formato da rifiuti agricoli vegetali compostabili, legati insieme dai miceli. L’obiettivo? Sostituire le schiume chimiche ricavate dal petrolio che vengono generalmente utilizzate per ricoprire le pareti delle case di legno. Un esempio di bioedilizia che utilizza i miceli per formare una membrana isolante in poco tempo.
DAI MICELI - Le radici dei funghi, infatti, in pochi giorni crescono all’interno del legno e, dopo circa un mese, si seccano dando vita a un muro. Il materiale ricavato è simile alla cellulosa. Ma a differenza di quest’ultima il micelio è in grado di crescere e sigillare ogni foro, inoltre è naturalmente resistente al fuoco, senza che sia necessario aggiungere sostanze ritardanti delle fiamme, potenzialmente tossiche.
MURI PIÙ SICURI - Ecovative promette insomma di costruire muri addirittura più sicuri di quelli convenzionali. Un risultato che va oltre alle aspettative iniziali anche perché le pareti, nonostante la mancanza di chiodi, si sono dimostrate molto resistenti (anche durante il trasporto in autostrada).
ANCHE FAI DA TE - Sul proprio blog lo staff elenca i passaggi per provare a costruire una piccola parete casalinga, ma per i più pigri che non hanno voglia di raccogliere i singoli materiali, sono in vendita i kit contenti tutto il necessario per dare vita alla propria Mushroom House al costo di 9 mila dollari (6.800 euro), fino ai 12 mila dollari (poco più di 9 mila euro) della versione deluxe). In alternativa si può comprare il materiale d’isolamento già composto per 8 dollari (6 euro) al metro cubo. E se per ora l’argomento attirerà solo gli appassionati della materia, in futuro – sono convinti a Ecovative – si andrà oltre al mercato di nicchia grazie al prezzo vantaggioso e alle abitudini sempre più green delle persone.

Catturata al Polo sud l’eco oscura del Big Bang: «modi B» rilevati per la prima volta.

Il South Pole Telescope. Crediti: Ryan Keisler
-------------------------
Rilevati per la prima volta, grazie al South Pole Telescope, i cosiddetti «modi B»: un segnale in polarizzazione presente nella radiazione cosmica di fondo. L'osservazione, a lungo attesa dai cosmologi, offre un modo inedito per calcolare la massa del neutrino.
Erano miliardi di anni che i “modi B”, i pesciolini più sfuggenti in quell’immenso e torbido oceano che è la radiazione cosmica di fondo a microonde, solcavano inosservati quel brodo di fotoni antico quanto l’universo. Affermare che i cosmologi ne sospettassero l’esistenza è poco: che ci fossero ne erano praticamente certi. Solo che per catturarli occorreva una rete a maglie troppo fini rispetto a quelle disponibili: nell’ordine di una parte su 10 milioni, per dirla a modo loro.
Ora un team guidato da Duncan Hanson, dell’università canadese Mc Gill, annuncia d’esserci riuscito: lo fa con un articolo messo in rete nei giorni scorsi su arXiv e appena ripreso dalle pagine di Nature. Il risultato è stato ottenuto grazie alle misure su 100 gradi quadrati di cielo raccolte, fra marzo e novembre del 2012, dal South Pole Telescope: un gigante da 10 metri – situato presso la stazione antartica Amundsen-Scott – che monta uno strumento con due array di bolometri, a 95 e 150 GHz, sensibili alla polarizzazione.
Ma cosa sono, questi “modi B”? «Sono una delle due componenti del pattern della polarizzazione presente nella radiazione di fondo cosmico», spiega Alessandro Gruppuso, ricercatore presso l’INAF IASF di Bologna. «L’altra componente è detta “modi E”, in analogia con la suddivisione fra campi magnetici ed elettrici usata per i campi elettromagnetici. L’interesse dei cosmologi per i modi B sta nel fatto che, a imprimerli sulla polarizzazione, sono le onde gravitazionali primordiali previste dai modelli inflazionari».
Questo però vale solo per i modi B, appunto, primordiali. Già, perché esistono anche una sorta di modi B indiretti, secondari, generati dall’interazione fra i modi E primordiali e l’effetto di lensing gravitazionale. Ora, se è vero che l’osservazione dei modi B primordiali rappresenterebbe un risultato clamoroso, anche vedere i modi B da effetto lensing è un colpo degno di nota: per dirne una, apre una strada inedita al calcolo della massa del neutrino, una scorciatoia che potrebbe consentire di battere sul tempo gli esperimenti di fisica particellare impegnati nella stessa impresa.
Ebbene, è proprio questo secondo tipo di modi B che il telescopio antartico è riuscito a intrappolare. Per i primi occorre ancora un po’ di pazienza. «Quelli emersi dalle osservazioni del South Pole Telescope sono i modi B della CMB polarizzata dovuti all’effetto del lensing gravitazionale sui modi E. È indubbiamente un grande successo», dice infatti Reno Mandolesi, responsabile dello strumento LFI del satellite dell’ESA Planck, «che ci rende ottimisti sui risultati attesi il prossimo anno dall’analisi dei dati in polarizzazione di Planck: la rivelazione dei modi B primordiali».
Per saperne di più:

lunedì 29 luglio 2013

Una muta per renderci "invisibili" agli squali.

Un surfer e un sub indossano mute progettate per ridurre il rischio di attacco da parte di uno squalo. Fotografia di Shark Attack Mitigation Systems via AFP/Getty Images
-----------------------------------
Secondo un'azienda australiana un design mimetico consentirebbe agli esseri umani di sparire agli occhi di questi predatori; alcuni scienziati, però, sono scettici.
Una muta che ci renda "invisibili" agli occhi degli squali: è il nuovo prodotto di un'azienda australiana che, in collaborazione con la University of Western Australia, mette a punto e commercializza soluzioni pratiche per prevenire gli attacchi da parte di questi feroci predatori marini. La fantasia di questa muta da 495 dollari, lanciata a luglio 2013 dalla Shark Attack Mitigation Systems, alterna bianco e diverse sfumature di blu per imitare i colori dell'oceano, in modo da mimetizzare chi la indossa in acqua. L'azienda produttrice vende anche adesivi con colorazioni simili da applicare su tavole da surf, bombole e kayak.
Tuttavia, anche se la muta ci rendesse effettivamente invisibili agli squali, potrebbe comunque non bastare, perché gli squali, più che sulla vista, si basano su altri sensi: l'olfatto, il gusto e un udito così sviluppato da consentire loro di percepire il suono delle bolle prodotte dal movimento di un sub.
Senza considerare che, secondo una ricerca dello University of Western Australia's Oceans Institute, ben 17 specie di squali - tra i quali lo squalo tigre e lo squalo leuca, tra i più pericolosi per l'uomo - non sono in grado di distinguere i colori.

Una soluzione migliorabile:

Oltre alla muta mimetica, l'azienda ne distribuisce un'altra a strisce nere, blu e bianche. In questo caso l'uso di colori contrastanti mira a simulare le sembianze della fauna marina, per esempio di serpenti di mare o pesci scorpione. L'ipotesi è che, se gli squali non predano queste creature, non saranno neanche interessati agli esseri umani che indossano questa muta striata. È la stessa filosofia alla base di un'altra invenzione australiana, quella delle rash guard - una tuta antiabrasione - dove le strisce richiamano la colorazione del pesce scorpione.
Tuttavia George Burgess, direttore del Florida Program for Shark Research, teme che questo tipo di tute possano in realtà ottenere un effetto opposto a quello sperato, perché gli squali vedono molto bene i contrasti: un oggetto in movimento a strisce potrebbe quindi attirare la loro l'attenzione.
"La muta potrebbe attrarre gli squali proprio per questo contrasto tra colori scuri e colori chiari", continua, e aggiunge che il nuovo design a strisce blu e bianche della Shark Attack Mitigation Systems potrebbe però essere migliorato utilizzando l'effetto della "controcolorazione".
Si tratta di una strategia a cui ricorrono alcuni pesci per nascondersi dai grandi predatori: hanno la parte superiore del corpo, vicino alla pinna dorsale, più scura rispetto all'addome, di colore bianco o argenteo. In questo modo è difficile che un predatore che scruti verso il basso riesca a distinguere il dorso scuro del pesce dal fondale oceanico; nel caso il predatore guardi invece verso l'alto, confonderà il ventre lucente della potenziale preda con l'acqua illuminata dalla luce del sole.

L'unico stratagemma sicuro:
Nonostante gli squali aggrediscano molto di rado gli esseri umani - gli incidenti mortali, in media, sono solo cinque all'anno nel mondo - secondo Burgess l'unico modo sicuro per evitare un loro attacco è rimanere fuori dall'acqua. "La maggior parte degli squali non sono a caccia di esseri umani, perché sono creature estranee al loro mondo", continua, ma "ogni espediente che fosse in grado di ridurre la probabilità di incidenti sarebbe vantaggioso sia per noi che per loro, poiché contribuirebbe ad attenuare la loro pessima reputazione".

La realtà virtuale può far tornare bambini, con un avatar di 4 anni .

Fonte: ANSA Scienze
-----------------------------
La realtà virtuale può far tornare bambini: avere un avatar di quattro anni può letteralmente riportare indietro nel tempo la percezione della realtà al punto da vedere le dimensioni degli oggetti come potrebbe farlo un bambino.
Lo dimostra lo studio pubblicato dalla rivista dell'Accademia delle Scienze degli Stati Uniti, Pnas, e nato dalla collaborazione fra esperti di
realtà immersiva spagnoli, tedeschi e britannici, coordinati da Mel Slater, della facoltà di psicologia dell'Università di Barcellona.

La ricerca è stata condotta su due gruppi di volontari, tutti adulti. Ai componenti del primo gruppo (30 persone) è stato assegnato come avatar un bambino di quattro anni, mentre al secondo gruppo (16 persone) è stato assegnato un alter ego miniaturizzato nel quale le caratteristiche adulte erano rimaste inalterate, immerso in un ambiente in cui gli oggetti avevano dimensioni maggiori.

Utilizzando un casco capace di dare sensazioni multisensoriali, i partecipanti di entrambi i gruppi hanno visto i loro corpi virtuali muoversi in tempo reale seguendo i loro stessi movimenti ed entrambi i gruppi hanno inoltre riferito di percepire come propri i loro corpi virtuali.

E' accaduto che i componenti del primo gruppo si sono completamente immedesimati nel loro corpo virtuale al punto da avere la percezione di una realtà infantile già vissuta e hanno percepito le dimensioni degli oggetti proprio come fanno i bambini.
Il secondo gruppo, che aveva come avatar degli adulti in miniatura, ha dimostrato una maggiore capacità di riconoscere gli oggetti indipendentemente dalle loro dimensioni, organizzandoli in categorie.

Creato per la prima volta al computer, un modello per lo studio delle onde cerebrali.

 
---------------------------
Lo studio delle onde cerebrali è da circa un secolo uno degli argomenti maggiormente studiati dagli scienziati, per comprendere meglio le funzioni del cervello, ed anche il modo stesso nel quale pensiamo. Nonostante questo, il modo nel quale miliardi di neuroni riescono a lavorare insieme per produrre queste onde rimane sconosciuto, nonostante gli sforzi compiuti per analizzarle.
La difficoltà principale consiste nel fatto che il cervello è composto da molti tipi di neuroni diversi, ognuno dei quali emette segnali elettrici: l'applicaizone di elettrodi sul cranio (o direttamente nel tessuto cerebrale) permettono di monitorare solamente l'effetto cumulativo di questa attività elettrica, ossia la cosiddetta elettroencelografia. Molto più complesso è analizzare la funzione di ogni singolo neurone, ed il modo nel quale questi formano una rete per lavorare insieme.
il mistero potrebbe però essere presto risolto grazie a Blue Brain, un progetto di ricerca del Politecnico di Losanna (EPFL) e dell'Allen Institute for Brain Science di Seattle nell'ambito del quale sono stati realizzati dei modelli computerizzati di singoli neuroni assemblati in circuiti neurali che producono segnali elettrici simili alle onde cerebrali. Il modello, che simula l'attività di 12.000 neuroni, è stato creato con un livello di dettaglio senza precedenti, com'è possibile vedere dai due video in testa ed in coda all'articolo.
"Abbiamo bisogno di un modello computerizzato perché è impossibile mettere in relazione l'attività elettrica, che coinvolge potenzialmente miliardi di neuroni, e le conseguenti onde cerebrali nello stesso momento. Attraverso questa visuale siamo in grado di fornire un'interpretazione, al livello dei singoli neuroni, delle onde cerebrali misurate quando il tessuto è effettivamente analizzato in laboratorio", afferma il dottor Sean Hill di EFPL.
Osservando il modello, gli scienziati si sono resi conto che l'attività elettrica circolante nel sistema è simile a quella delle onde cerebrali registrate nei roditori. Ad ogni modo, per arrivare ad una simulazione completa c'è ancora molota strada da fare. Ad esempio, sempre parlando di roditori, la simulazione è modellata sui neuroni che controllano le zampe posteriori, mentre i dati raccolti "dal vivo" vengono da onde cerebrali con una funzione simile, ma che controllano le vibrisse.

Il sangue che si coagula a comando: Obbedisce ad un interruttore laser.

Cellule del sangue controllate da interruttori fatti di nanoiparticelle d'oro e Dna (fonte: Helena de Puig)
Fonte: ANSA Scienze
-----------------------------
Il sangue si coagula a comando grazie a un minuscolo interruttore fatto di due nanoparticelle d'oro controllate da un laser. Messo a punto nel Massachusetts Institute of Technology (Mit) e descritto sulla rivista Plos Ole, il dispositivo è ancora sperimentale, ma molto promettente.

I primi test condotti dal gruppo coordinato da Kimberly Hamad-Schifferli indicano che non soltanto si può spingere il sangue a coagulare se e quando è necessario, ma che grazie all'interruttore, è possibile ottenere l'effetto opposto, sciogliendo dei trombi.

Il segreto del minuscolo dispositivo è nei messaggi che le nanoparticelle d'oro inviano a seconda del modo in cui vengono stimolate dal laser. A seconda della lunghezza d'onda del segnale laser che ricevono, infatti, le nanoparticelle rilasciano particolari sequenze di Dna che aderiscono alla loro superficie.
Possono ad esempio liberare il frammento di materiale genetico specializzato nel legarsi alla proteina del sangue chiamata trombina e nel bloccare in questo modo la formazioni di trombi. Oppure le nanoparticelle possono ricevere il segnale che le spinge a liberare l'altra sequenza di Dna, che e' invece specializzata nel rilasciare la trombina, favorendo la coagulazione.

Sebbene ancora soltanto sperimentale, questo minuscolo interruttore della coagulazione 'a doppia azione' potrebbe avere un impatto molto importante. Costituisce infatti una novita' rispetto ai farmaci attualmente disponibili, tutti ad azione singola.

domenica 28 luglio 2013

Il primo sensore fotoacustico che opera nelle frequenze terahertz: fiuta i gas tossici col suono.

------------------------
Rivelare tracce infinitesimali di gas tossici, appena una manciata di molecole diluite milioni di volte, ascoltandone il suono. È in grado di farlo un minuscolo diapason al quarzo, il primo sensore fotoacustico che opera nelle frequenze terahertz, ottimali per identificare gas inquinanti e agenti chimici pericolosi, messo a punto da ricercatori dell'Istituto nanoscienze (Nano-Cnr) e dell'Istituto di fotonica e nanotecnologie (Ifn-Cnr) del Consiglio nazionale delle ricerche. Lo studio, pubblicato su  Applied Physics Letters, è stato condotto in collaborazione con il Dipartimento interateneo di Fisica dell'Universitàe del Politecnico di Bari, i Cavendish Laboratories dell'Università di Cambridge e la Scuola normale superiore di Pisa.
“Il dispositivo impiega una delle tecniche più sensibili per la rivelazione di tracce gassose, la spettroscopia fotoacustica”, spiega Vincenzo Spagnolo di Ifn-Cnr e Politecnico di Bari. “Sfrutta cioè il fatto che le molecole di un gas illuminate con luce laser intermittente, scaldandosi e raffreddandosi ciclicamente, producono onde sonore che mettono in vibrazione un minuscolo diapason di quarzo in proporzione alla concentrazione di molecole. Solitamente per far 'suonare' le molecole si impiega luce infrarossa, ma nel nostro esperimento è stato usato per la prima volta un laser con frequenza terahertz, ideale per il riconoscimento specifico di molte sostanze chimiche”.
“In questo range, che sta tra l'infrarosso e le microonde, molti materiali di interesse strategico tra cui agenti inquinanti, gas tossici e vapori di sostanze esplosive, possono essere identificati più efficacemente poiché hanno uno spettro di assorbimento ben specifico, una sorta di impronta digitale inequivocabile”, chiarisce Miriam Serena Vitiello di Cnr-Nano di Pisa. “Operare nel terahertz è una possibilità del tutto nuova, è un po' come se avessimo 'accordato' il sensore”.
Per l’esperimento i ricercatori hanno realizzato ad hoc un prototipo di quarzo di appena tre centimetri. “Il diapason funge da rivelatore eliminando la necessità dei tipici rivelatori: costosi, ingombranti e che devono operare a temperature criogeniche”, conclude Vitiello. “Il prototipo ora ha una sensibilità di sette parti per milione, il passo successivo sarà usare laser più potenti e diapason con dimensioni e forma ottimizzate. L’obiettivo è ottenere un sensore compatto, trasportabile ed economico per misure in situ e in tempo reale, nei campi dell’indagine ambientale e della sicurezza, in grado di rivelare molecole diluite decine di miliardi di volte”.
Riferimenti: Terahertz quartz enhanced photo-acoustic senso; S. Borri, P. Patimisco, A. Sampaolo, H. E. Beere, D. A. Ritchie, M. S. Vitiello, G. Scamarcio, and V. Spagnolo; Applied Physics Letters doi: http://dx.doi.org/10.1063/1.4812438 
Credits immagine: Cnr

Edifici atti a raccogliere l'anidride carbonica dall'atmosfera e a convertirla in metanolo.

I supporti hi-tech dell'edificio (Chang-Yeob Lee)
Articolo di Manuela Messina
-----------------------------------
Un edificio che ripulisce l'aria intorno a sé e che rende l'inquinamento una risorsa (spendibile sul mercato). Il progetto in questione si chiama Synth[e]tech[e]cology, ed è stato pensato da Chang-Yeob Lee, studente del Royal College of Art di Londra. L'idea è di trasformare la BT Tower, una delle torri più alte della capitale del Regno Unito – utilizzata al momento per le telecomunicazioni della città – in una struttura per la raccolta delle polveri sottili, che tanto affliggono la salute degli abitanti. Un enorme eco-catalizzatore, con elementi in fibra di carbonio disposti all'esterno a forma di tela di ragno, che contiene anche un'idea di business: il «riuso» dell'inquinamento atmosferico per la produzione di biocarburante.
DA CO2 A METANOLO - Lee ha progettato un sistema per convertire l'anidride carbonica in metanolo tramite un impianto realizzato con nanotubi di biossido di titanio che consentono di trasformare la CO2 in gas utilizzando acqua e sole. Secondo il progettista, in un anno si potrebbero produrre cento tonnellate di carburante sostenibile. Inoltre all'interno della torre è stata prevista una struttura di ricerca per studiare il funzionamento dell'opera, massimizzandone ancora di più l'efficienza.
CHICAGO - L’idea di Chang-Yeob Lee, che gli è valsa la vittoria del premio di architettura «Sheppard Robson», è seconda in ordine di tempo a un altro progetto - pensato per la città di Chicago - di Danny Mui & Benjamin Sahagun, due giovani architetti dell'Illinois Institute of Technology. I due hanno proposto di realizzare un impianto per l'assorbimento di anidride carbonica (e la sua riconversione in biocarburante) nelle due CO2ngress Gateway Towers, nella trafficata zona del Congress Parkway, da cui passano circa 77 mila veicoli al giorno. Il sistema, collocato sulla copertura delle due torri, prevede che si catturi l’anidride carbonica per trasferirla insieme ad altre sostanze a un sistema di filtraggio. Qui, grazie alla coltivazione intensiva di una particolare specie di alghe, l’aria inquinata verrà poi purificata e poi convertita in biocarburante.
 

La luce intrappolata per un minuto.

--------------------------
L'idea di stoppare qualcosa che si muove alla stratosferica velocità di 300mila chilometri al secondo potrebbe sembrare piuttosto azzardata, eppure un team di ricercatori guidati da Georg Heinze della Technische Universität Darmstadt è riuscito a fermare la luce per un minuto, un record. Come siano riusciti a raggiungere un risultato del genere, che potrebbe accelerare lo sviluppo di reti quantistiche per le lunghe distanze, lo spiegano gli scienziati sulle pagine di Physical Review Letters.

I tentativi di rallentare e quindi arrestare completamente la luce si susseguono da un po'. Per riuscire nell'impresa gli scienziati tedeschi hanno utilizzato una tecnica nota come trasparenza elettromagnetica indotta (
electromagnetically induced transparency, Eit). Semplificando, i ricercatori hanno usato un cristallo opaco contro cui hanno sparato un raggio laser in grado di innescare reazioni tali da renderlo trasparente. Successivamente sullo stesso cristallo (ora trasparente) è stato sparato un altro fascio di luce, e quindi il primo raggio laser è stato spento, facendo tornare il cristallo opaco. Come racconta Extreme Tech la luce è stata quindi intrappolata all'interno del cristallo, dove, data l'opacità, non poteva neanche rimbalzare. Di fatto è come se fosse stata fermata.

Una volta intrappolata la luce, l'energia trasportata da questi fotoni (e i dati da questi veicolati) è stata catturata dagli atomi del cristallo, convertita in eccitazione degli spin, per essere quindi restituita come luce una volta che il cristallo fosse diventato di nuovo trasparente. Gli scienziati hanno usato questa trappola, racconta il
NewScientist, per imprigionare e recuperare un'immagine di tre linee luminose per 60 secondi, dimostrando come il sistema messo a punto possa funzionare come una memoriaottica. Sebbene per un tempo limitato: infatti, le caratteristiche del cristallo fanno sì che gli spin possano mantenere la coerenza (proprietà fisica), e quindi le informazioni trasportate, solo per una sessantina di secondi, dopo i quali l'impulso luminoso si disperde.

Lo studio fa ben sperare per la creazione di reti quantistiche capaci di operare su lunghe distanze. Anche perché, concludono gli scienziati, potrebbe essere possibile ottenere tempi di storage più lunghi con diversi cristalli.

Ecco i virus più grandi del mondo: Potrebbero portare i virus alla 'resurrezione' dal mondo dei non viventi.

Un Pandoravirus visto al microscopio elettronico (fonte: Jean-Michel Claverie e Chantal Abergel, Science)
Fonte: ANSA Scienze
------------------------------
Arrivano dal Cile e dall'Australia i virus più grandi del mondo: questi Bigfoot della microbiologia hanno dimensioni da record che sfiorano il millesimo di millimetro e un genoma molto più grande e complesso della media.
Battezzati come Pandoravirus per la loro forma a vaso e per i grattacapi che daranno ai biologi, potrebbero guidare i virus verso la 'resurrezione', portandoli a scalare l'albero della vita da cui erano sempre stati esclusi perchè considerati 'non viventi'. Per il momento conquistano la copertina di Science, grazie allo studio pubblicato dal gruppo di Jean-Michel Claverie e Chantal Abergel presso il Centro Nazionale delle Ricerche francese (Cnrs) a Marsiglia.

I due giganti sono stati chiamati Pandoravirus salinus e Pandoravirus dulcis e sono stati scoperti, rispettivamente, nei sedimenti alla foce del fiume Tunquen in Cile e in fondo a un laghetto di acqua dolce nei pressi di Melbourne, in Australia. Le loro dimensioni sono un centinaio di volte superiori alla media, tanto da infrangere anche il record del Mimivirus, scoperto 10 anni fa e considerato finora il più grande virus al mondo. I Pandoravirus sono addirittura più grandi dei batteri parassiti, tanto da risultare visibili perfino al microscopio ottico. Il loro genoma contiene rispettivamente 1,9 milioni e 2,5 milioni di paia di basi, quando un virus tradizionale si ferma a poche migliaia. Entrano quindi a tutti gli effetti nel mondo dei cosiddetti 'Girus' (giant virus), ovvero virus giganti, e mostrano delle caratteristiche genetiche che li rendono unici, quasi una famiglia a sè.

''Il fatto che ne siano stati scoperti due quasi contemporaneamente in località così distanti ci fa pensare che non siano poi così rari, probabilmente si trovano ovunque'', spiega Jean-Michel Claverie.
E la loro scoperta potrebbe riscrivere un intero capitolo della biologia. ''Per molto tempo i virus sono stati considerati come entità biologiche non viventi'', osserva Maurizio Casiraghi, presidente della Società Italiana di Biologia Evoluzionistica (Sibe) e ricercatore dell'università di Milano-Bicocca. ''Per questo motivo sono stati esclusi dall'albero della vita con i tre rami che rappresentano gli eucarioti (animali, piante, funghi), i batteri e gli archea (organismi simili ai batteri che vivono in condizioni estreme). I Girus con la loro complessità ci impongono però di riaprire la questione: non è escluso – conclude - che almeno loro riescano a entrare nell'albero della vita, magari costituendo un ramo a sé ''.

Si stringe il cerchio attorno alla 'nuova fisica': Misurato per la prima volta un fenomeno rarissimo.

Un mesone Bs decade in due muoni visibili come due linee rosse (fonte: CMS, CERN)
Fonte: ANSA Scienze
----------------------------
Si stringe il cerchio intorno alla cosiddetta 'nuova fisica', ossia sui fenomeni non previsti dall'attuale teoria di riferimento chiamata Modello Standard. Quest'ultimo ha superato un nuovo esame e, mentre la sua validità viene confermata ancora una volta, si stanno mettendo a fuoco i fenomeni che ancora gli sfuggono. E' quanto accade con la prima misura di un fenomeno rarissimo: il decadimento della particella subatomica chiamata mesone Bs in due particelle instabili dette muoni.
La teoria di riferimento della fisica che predice il comportamento delle particelle elementari, il cosiddetto Modello Standard, ha superato la prova più difficile a cui è mai stato sottoposto al Cern di Ginevra. La conferma viene dagli esperimenti Cms e Lhcb, condotti nell'acceleratore più grande del mondo, il Large Hadron Collider (Lhc). I risultati sono stati presentati nella Conferenza della Società Europea di Fisica (Eps) a Stoccolma.

Le nuove misure mostrano che, su un miliardo di mesoni Bs, mediamente solo una manciata decade in una coppia di muoni, confermando quanto viene predetto dal Modello Standard per questo raro decadimento. ''Questo è un processo che i fisici delle particelle hanno cercato di individuare per 25 anni'', commenta Joe Incandela, coordinatore dell'esperimento Cms. ''Ci dimostra l'incredibile capacità di Lhc e degli esperimenti come C dmsi osservare processi rarissimi, come quelli che coinvolgono particelle con una massa circa 1.000 volte più piccola di quella delle particelle più pesanti che noi stiamo cercando''. Soddisfatto anche il responsabile dell'esperimento Lhcb, Pierluigi Campana: ''è un grande risultato per Lhcb. E' per misure di precisione come questa che è stato costruito LHCb. Questi risultati ci mostrano che stiamo sottoponendo il Modello Standard alle più stringenti verifiche, possibili ai livelli di energia di Lhc, e con risultati eccellenti''.

Nonostante questi risultati siano un passo avanti per il Modello Standard, rimane aperto l'interrogativo sull'esistenza di nuova fisica al di là di questo. Una delle possibili strade per andare oltre il Modello Standard è rappresentata dalla teoria supersimmetrica (Susy), che postula l'esistenza di nuovi tipi di particelle, una per ogni particella del Modello Standard: la più leggera potrebbe costituire gran parte della materia oscura dell’Universo. Esistono molti modelli Susy in circolazione e Susy è solo una delle molte possibilità teoriche di nuova fisica oltre il Modello Standard. I risultati di Lhcb e Cms permettono ora di circoscrivere meglio i modelli SUSY accettabili: molti sono incompatibili con le nuove misure e devono quindi essere scartati, permettendo alla comunità dei teorici di lavorare ancora su quelli ritenuti ancora possibili.

Fotografata l'onda azzurra della morte: E' la chiave per combattere l'invecchiamento.

Nel momento della morte le cellule del verme Caenorhabditis elegans emettono un’inda di luce fluorescente azzurra che dall’intestino si propaga in tutto l’organismo (fonte: David Gems, UCL)
Fonte: ANSA Scienze
----------------------------
Al momento della morte una onda di luce fluorescente azzurra si sprigiona dalla cellule e, da una cellula all'altra, si propaga nell'intero organismo: lo ha scoperto una ricerca internazionale che per la prima volta ha fotografato ''l'onda della morte''. Descritta sulla rivista PLoS Biology, l'onda azzurra della morte è stata fotografata in un organismo semplice, come un minuscolo verme, dal gruppo coordinato dal britannico University College London.

E' un passo importante per comprendere come la morte cellulare si diffonda in tutto il corpo, anche nel caso di organismi complessi come l'uomo, dal momento che i meccanismi cellulari nei mammiferi sono simili a quelli dei vermi. La scommessa di questa ricerca, ha detto il coordinatore del lavoro, David Gems, è indentificare i geni che controllano l'invecchiamento e le malattie collegate.

Quando le singole cellule muoiono si innesca una reazione chimica a catena che porta alla rottura dei componenti cellulari e a un accumulo di detriti molecolari. Ma se queste reazioni sono ben comprese a livello cellulare, si sa molto poco invece, su come la morte raggiunge tutte le cellule dell'organismo.
Il sopraggiungere della morte è stato osservato al microscopio in uno degli organismi più semplici e studiati nei laboratori di biologia e genetica: il minuscolo verme Caenorhabditis elegans. La morte appare come un'onda fluorescente azzurra che si diffonde in tutte le cellule. Un effetto, questo, che dipende da una sostanza chiamata acido antranilico e la sua diffusione avviene tramite il calcio, che agisce come un messaggero di cellula in cellula.

Inizialmente si sospettava che la fonte della fluorescenza blu fosse una sostanza chiamata lipofuscina, che emette luce di un colore simile ed è anch'essa collegata all'invecchiamento perché si accumula con l'età, causando danni molecolari. Ma poi è stato osservato che la lipofuscina non è coinvolta.
I ricercatori hanno anche provato a bloccare il percorso chimico che propaga la morte cellulare, ma sono riusciti a ritardare solo la morte indotta da uno stress come un'infezione e non la morte per vecchiaia. Ciò suggerisce che la morte dovuta a un'infezione è più facile da rallentare perché è innescata da un numero minore di processi, mentre la morte dovuta all'invecchiamento è più difficile da ritardare perché entrano in gioco numerosi processi che agiscono in parallelo e che sono più difficili da contrastare. ''Dobbiamo concentrarci sugli eventi biologici che si verificano durante l'invecchiamento e la morte – ha concluso Gems - per comprendere correttamente come interromperli''.

Le dita come password: Lo schermo 'touch' che rileva le impronte digitali.

Fonte: ANSA Scienze
----------------------------
In attesa di sapere se il prossimo iPhone di Apple avrà o no un sensore in grado di riconoscere le impronte digitali del possessore, dalla Germania arriva il primo prototipo di schermo 'tattile' che rileva le impronte di chi lo usa, ad ogni tocco.
Fiberio, questo il nome del progetto, è frutto del lavoro di due ingegneri tedeschi. Lo 'schermo del futuro', come qualcuno lo ha già battezzato, potrebbe fungere da password sbloccando il dispositivo e aumentando la sicurezza. Ma avere anche altri impieghi come l'autenticazione di documenti, l'accesso a informazioni riservate, 'firme' digitali ancora più evolute.

Fiberio è il primo touchscreen biometrico, spiegano al settimanale britannico New Scientist i 'padri' del progetto, Christian Holz e Patrick Baudisch dell'Hasso Plattner Institute di Potsdam. Normalmente, afferma Holz, ''i display non possono rilevare le impronte digitali e i sensori di impronte non possono mostrare immagini. Quello che abbiamo inventato fa entrambe le cose. Nessuno c'era riuscito prima''.

I test sul prototipo sarebbero incoraggianti, visto che l'accuratezza del riconoscimento impronte sarebbe in linea con 'standard Fbi'.
Lo schermo di Fiberio è un'ampia 'piastra' in fibra ottica che da un lato fa da superficie di proiezione, comprende anche un proiettore sottostante, e dall'altro ''riflette luce specularmente producendo il contrasto necessario per la rilevazione delle impronte''.

E' il primo schermo, sottolineano gli inventori, che autentica gli utenti 'durante' l'interazione tattile, anche ''multi-touch''. Una tecnologia che potrebbe finire nel mirino della Apple, visto che la Mela Morsicata punta secondo indiscrezioni a 'sfornare' un nuovo iPhone dotato di riconoscimento di impronte digitali, magari integrato nel touchscreen. In questa direzione andrebbe un brevetto depositato da Cupertino che descrive un display touch con sensore per determinare impronte.

Circuiti leggeri come piume: Ultraflessibili, aprono le porte all'elettronica del futuro.

Fonte: ANSA Scienze
----------------------------
Leggeri come piume ed estremamente flessibili: sono i primi circuiti intrappolati in fogli di plastica ultrasottili e soprattutto facili da produrre su larga scala che aprono le porte all'elettronica del futuro. Descritti sulla rivista Nature, i circuiti sono stati realizzati da un gruppo coordinato da Martin Kaltenbrunner che lavora all'università di Tokyo e possono essere la base per nuove generazioni di display arrotolabili, sensori e celle solari.

I circuiti ultrasottili sono realizzati con un mix di materiali diversi, fra cui semiconduttori organici e alluminio anodizzato e inglobati in una pellicola sottilissima di plastica, i circuiti sono spessi solo due milionesimi di metro e sono così leggeri (27 volte più leggeri di un foglio di carta) che volteggiano in aria come piume. Inoltre i dispositivi sono molto flessibili, al punto che possono essere persino accartocciati come carta senza subire danni e per questo potrebbero essere adatti per realizzare schermi arrotolabili.

Fra le altre caratteristiche, i nuovi circuiti sopportano temperature elevate e ambienti umidi: immersi in una soluzione salina alle temperature di 170 gradi, hanno continuato a funzionare per due settimane. Per questa ragione possono essere utilizzati in ambito biomedico nelle situazione in cui servono sensori in grado di raccogliere informazioni in provette che contengono soluzioni acquose e ad alte temperature.
Grazie alle straordinaria leggerezza che li rende impercettibili quando sono a contatto con la pelle, questi circuiti potrebbero essere adatti per realizzare tecnologie per il controllo dei parametri sullo stato di salute dove sono richiesti sensori minimamente invasivi per ridurre il disagio del paziente.

Impiantati falsi ricordi nei topi, come nella fantascienza.

Le fasi dell'esperimento con il quale sono stati costruiti falsi ricordi nella mente dei topi (fonte: Evan Wondolowski/Collective Next)
Fonte: ANSA Scienze
----------------------------
Falsi ricordi impiantati nella mente di un topo, come in un film di fantascienza, per comprendere meglio come mai nell'uomo la memoria sia così fragile da percepire come autentici ricordi che non sono affatto tali. Un problema che riguarda, per esempio, l'attendibilità di un testimone oculare in un processo.

Come nel mondo evocato dal film ''Total Recall'', ispirato al racconto 'Ricordiamo per voi' di Philip Dick, l'esperimento descritto sulla rivista Science ha manipolato per la prima volta i ricordi di un topo utilizzando una combinazione di tecniche ottiche e genetiche. E' stato possibile grazie ad un'azione che in una manciata di millisecondi è riuscita ad alterare i circuiti nervosi interferendo 'in tempo reale' nel ritmo rapidissimo al quale funzionano i circuiti nervosi. Sono riusciti a farlo i ricercatori del Centro per la genetica dei circuiti neurali che fa capo all'Istituto giapponese Riken e al Massachusetts Institute of Technology (Mit).

Costruire falsi ricordi non è certamente l'obiettivo dell'esperimento, che punta invece a comprendere i meccanismi che portano l'uomo ad avere ricordi inaffidabili e alterati. Finora, infatti, non era affatto chiaro come mai i ricordi possano essere facilmente alterati e come le rappresentazioni mentali possano essere condizionate da stimoli esterni, creando ricordi apparentemente accurati, ma completamente falsi.

Coordinati da Steve Ramirez, i ricercatori hanno fatto sì che topi immersi in un particolare contesto ricordassero cose totalmente diverse rispetto all'ambito nel quale si trovavano. Per costruire i falsi ricordi hanno stimolato le cellule nervose che si trovano nell'area del cervello chiamata 'giro dentato' e che fa parte di quel vero e proprio 'magazzino della memoria' che è l'ippocampo.

Quando hanno notato che queste cellule venivano attivate da una leggera scossa elettrica somministrata ai topi, i ricercatori hanno spostato il topo in un altro ambiente, molto più tranquillo. Qui hanno stimolato gli stessi neuroni che avevano reagito allo shock, che hanno risposto richiamando alla mente il ricordo della paura, nonostante il nuovo ambiente fosse privo di minacce. Il brutto ricordo ha continuato a riaffiorare nella mente degli animali ogni volta che questi venivano riportati nella gabbia tranquilla, nella quale non avevano subito alcun trauma.

venerdì 26 luglio 2013

"AURUM - Origine, storia ed applicazioni del metallo nobile per eccellenza" (2013); eBook, pp.127, costo: 5 €.

------------------------------------

Attenzione: l'ebook NON viene spedito automaticamente, bensì entro 24 ore a partire dal momento in cui viene effettuato l'acquisto tramite Paypal.
.
La storia dell’oro, dai tempi delle antiche civiltà umane che per prime lo scoprirono sino ai nostri giorni, è piuttosto lunga e complessa. Esso ha sempre simboleggiato, sin dalla notte dei tempi, ricchezza e garanzia di potenza. Ma è stato anche causa di vere e proprie ossessioni tra i vari popoli del mondo; portando così una buona parte del genere umano, ad una serie infinita di guerre e distruzioni, in cui molte culture ebbero la peggio e scomparvero, mentre altre sopravvissero e acquisirono maggior potere. In questo libro, viene dunque compiuto un lungo excursus in cui ogni aspetto relativo al prezioso metallo giallo (dalla sua origine stellare sino ad arrivare al suo impiego nell’ambito dei mercati finanziari), viene analizzato a 360 gradi attraverso un’accurata e selettiva esposizione delle principali proprietà che lo caratterizzano (siano esse di natura intrinseca o ad esso simbioticamente correlate). Di carattere prettamente divulgativo, questo volume risulta essere leggibile da chiunque abbia un minimo di conoscenze tecniche di base, nel campo della chimica fisica.


Prefazione integrale
Versione cartacea (IBS)
(Aracne Editrice, Roma)

martedì 9 luglio 2013

Nel Sole le tracce dell'antimateria: Individuate nelle eruzioni solari.

Fonte: ANSA Scienze
---------------------------
Il Sole diventa un gigantesco laboratorio per studiare l'antimateria. Per la prima volta infatti sono state intercettate in modo diretto le coppie di materia-antimateria prodotte dalle eruzioni solari. La scoperta, presentata nel congresso annuale della Società Americana di Astronomia, si deve al gruppo di ricerca dell'americano New Jersey Institute of Technology (Njit).

I ricercatori hanno rivelato le particelle 'specchio' della materia osservandone le emissione elettromagnetiche registrate dall'osservatorio solare della Nasa Soho (Solar and Heliospheric Observatory) e del radio-eliografo giapponese Nobeyama.
In particolare sono state rivelate coppie composte dall'elettrone e dal suo opposto, il positrone, prodotte dalle eruzioni solari. Queste ultime si comportano quindi come acceleratori di particelle naturali.
''Il laboratorio rappresentato dal Sole permette di studiare su grande scala un plasma composto di materia e antimateria che non si riesce a produrre nei laboratori terrestri'', ha osservato Roberto Battiston, presidente della Commissione di Fisica Astroparticellare dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e vice-responsabile della collaborazione internazionale Ams, lo strumento che cerca l'antimateria installato all'esterno della Stazione Spaziale Internazionale. Questo plasma, ha aggiunto, potrebbe essere usato come laboratorio naturale per studiare l'interazione tra materia e antimateria nei primi istanti dell'universo, fenomeno che ha portato all'asimmetria tra materia (che domina) sulla materia (praticamente scomparsa) almeno nella parte di universo in cui viviamo''.

L'aspetto interessante della scoperta, ha aggiunto Battiston, è anche nel fatto che ''l'antimateria che sulla Terra è praticamente inesistente, e quando viene prodotta (negli acceleratori di particelle, come al Cern o negli ospedali che fanno la Pet) subito interagisce con la materia e si annichilisce, nello spazio, una volta prodotta, non si distrugge perché lo spazio è sostanzialmente vuoto''. Per cui, ha sottolineato, la Terra e il Sistema Solare sono immersi in un tenue plasma di antimateria, come positroni, prodotti da varie sorgenti, tra cui li Sole, che la produce nelle eruzioni.

I positroni prodotti dal Sole, ha proseguito l'esperto, hanno un'energia molto bassa, pari a pochi milioni di elettronvolt. Esistono altre sorgenti di positroni, di energia molto più alta, di decine o centinaia di miliardi di elettronvolt, come hanno misurato lo spettrometro italo-russo Pamela e più recentemente Ams. L'antimateria è inoltre presente anche nelle fasce di Van Allen che circondano la Terra. Lo spettrometro Pamela, ha concluso, ha misurato la presenza di una tenue fascia di antiprotoni intrappolati nelle fasce di Van Allen, che da questo punto di vista sono un vero e proprio serbatoio di antimateria.

lunedì 1 luglio 2013

Un 'trampolino' per smascherare i batteri, verifica in pochi minuti se un antibiotico funziona.

Colonie del batterio che causa la tubercolosi, il Mycobacterium tuberculosis (fonte: CDC/George Kubica)
Fonte: ANSA Scienze
----------------------------
 pericolosi 'superbatteri' resistenti agli antibiotici hanno i minuti contati. Basta infatti meno di un quarto d'ora per smascherarli, verificando la loro reazione ai farmaci, grazie a un microscopico 'trampolino' messo a punto al Politecnico federale di Losanna dal gruppo coordinato dal fisico italiano Giovanni Longo, che pubblica l'importante risultato sulla rivista Nature Nanotechnology.

Il minuscolo 'trampolino' su cui si fanno aderire i batteri da esaminare è spesso quanto una manciata di capelli, ed è costituito dal supporto della punta di un microscopio a forza atomica. Grazie alla sua flessibilità, è in grado di oscillare ad ogni impercettibile movimento generato dai batteri e dal loro metabolismo (per esempio dallo spostamento dei loro flagelli). Le oscillazioni vengono registrate grazie a un raggio laser e convertite poi in un segnale elettrico: quando i batteri sono morti, si registra una linea piatta, proprio come avviene con un normale elettrocardiogramma.

''Quando bisogna combattere un'infezione batterica il fattore tempo è cruciale'', spiega Longo. ''Le tecniche tradizionali valutano la vitalità di un batterio basandosi sulla sua replicazione, ma in alcuni casi, come nella tubercolosi, questo può richiedere anche un mese. Grazie a questa nuova tecnica, rapida e affidabile, possiamo valutare in meno di un quarto d'ora le caratteristiche di un batterio anche sconosciuto, determinando la sua reattività agli antibiotici e l'eventuale resistenza''.
Si tratta dunque di uno strumento utile ''per testare nuovi farmaci e - aggiunge il ricercatore - per curare i pazienti, identificando subito l'antibiotico giusto per la cura e la dose corretta''. Questo anche nei Paesi in via di sviluppo, ''dove non sono disponibili gli strumenti per identificare il batterio con cui si ha a che fare''.

Il dispositivo non funziona solo con i microrganismi: è infatti capace di registrare ogni tipo di movimento, come quello generato da una semplice proteina che si ripiega, o da una cellula di mammifero. ''Per questo pensiamo che possa essere usato in oncologia, per valutare il metabolismo delle cellule tumorali in risposta ai chemioterapici, ma anche – conclude Longo - per rivelare la presenza di forme di vita in ambienti ostili, per esempio su Marte''.