lunedì 28 dicembre 2009

Il pericolo delle infezioni multiresistenti.

Fonte: Le Scienze
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L'improvvisa diffusione in tutto il mondo di un ceppo di E. coli resistente agli antibiotici sta creando una certa preoccupazione nel mondo medico.
L'improvvisa diffusione in tutto il mondo di un batterio resistente agli antibiotici sta creando una certa preoccupazione nel mondo medico: è quanto viene riferito in un articolo apparso sulla rivista f1000 Medicine Reports.
Con il suo intervento Johann Pitout del Dipartimento di patologia e Laboratorio di Medicina dell'
Università di Calgary, intende fare appello alla comunità medica affinché venga monitorata la diffusione del batterio dotato di multiresistenza prima che diventi necessario utilizzare antibiotici più potenti come prima risposta.
A conferire la resistenza alle penicilline sono gli enzimi denominati beta-lattamasi ad ampio spettro (Extended-spectrum β-lactamases, ESBL) che vengono prodotti dai batteri. Gli ESBL sono stati collegati comunemente alle infezioni nosocomiali, che vengono generalmente trattati con particolari antibiotici come i carbapenemici.
Tuttavia, in anni recenti, si è registrato un drastico incremento nelle infezioni di comunità, attribuibili a un singolo ceppo di E. coli che produce ESBL. Secondo Pitout, la rapida diffusione di questo particolare ceppo è dovuto, almeno in parte, ai viaggi internazionali attraverso aree ad alto rischio come il subcontinente indiano.
Utilizzando i carbapenemi come prima risposta a tale incremento delle infezioni si incrementa il rischio di indurre la resistenza degli antibiotici nelle comunità, vanificando alcune delle più potenti strategie antibatteriche disponibili attualmente.
Sempre secondo Pitout, la comunità medica dovrebbe utilizzare tutti i metodi disponibili per identificare le infezioni causate dai batteri che producono ESBL e testare empiricamente l'efficacia di altri antibiotici nel trattare infezioni acquisite in comunità.
“Se le minacce alla salute pubblica emergenti vengono ignorate, la comunità medica può essere forzata a utilizzare i carbapenemi come prima scelta per il trattamento delle gravi infezioni del tratto urinario”. (fc)

1 commento:

claudio sauro ha detto...

Scusa Fausto, ma pare che questi medici parlino senza cognizione di causa.
Chi mai utilizza una cefalosporina per trattare di primo acchito l'eschelichia coli?
Quando c'è un infezione urinaria bisogna sempre fare prima un urinocultura con antibiogramma.
Solo in tal modo possiamo sapere quali sono gli antibilotici che rispondono bene.
Inoltre per debellare radicalmente l'infezione possono essere necessarie le associazioni.
E' ben difficile ad esempio che un qualsiasi baterrio resista all'associazione di un chinolonico associato a fosfomicina.
Inoltre la durata del trattamento deve essere adeguata e mai inferiore ai cinque giorni.