venerdì 4 dicembre 2009

George Smoot: vi spiego le nuove scoperte sulla nascita dell’universo.

------------------------
Ha saputo catturare per una buona ora l’interesse curioso degli studenti di vari licei lombardi, accorsi ieri pomeriggio alla sala Gaber del palazzo della Regione a Milano, su invito dell'Associazione Euresis e del Centro Culturale di Milano, in collaborazione con la Presidenza della Regione Lombardia e il Dipartimento di Fisica dell'Università degli Studi di Milano. È George Smoot, del Lawrence Berkeley Laboratory, University of California, premio Nobel per la fisica nel 2006 per i risultati ottenuti nel con il satellite Cobe (Cosmic Background Explorer) della Nasa, che hanno aperto un nuovo scenario sulla comprensione dell'intera storia dell'universo. Smoot ha accettato con entusiasmo la proposta di tenere una conferenza per gli studenti sul tema “La prima luce dell'Universo. L'avventura della cosmologia contemporanea” e ha raccontato con vivacità e col supporto di spettacolari immagini la sua esperienza di esploratore delle profondità cosmiche; esperienza culminata con la mappa dell’universo neonato disegnata in base ai dati raccolti da Cobe e che presto sarà perfezionata dai risultati della missione Planck dell’ESA. L’obiettivo delle ricerche di Smoot è di offrirci uno zoom sulle condizioni dell’universo ai suoi inizi, 380.000 anni dopo il big bang, attraverso l’analisi della radiazione di fondo a microonde che dagli abissi del tempo è giunta fino a noi. Così ne ha parlato a ilsussidiario.net poco prima di incontrare gli studenti.

Cosa si aspetta dalla missione Planck?
Col satellite Cobe abbiamo misurato per la prima volta le fluttuazioni del fondo cosmico a microonde (Cosmic Microwave Backgound, CMB), su scale angolari di sette gradi e con una buona precisione. Ora dalla missione Planck mi aspetto misure molto più precise del CMB, sia in termini di temperature che di scala angolare, cioè dell’orizzonte cosmologico che si potrà osservare. Sono misure che ci dovrebbero consentire di comprendere meglio le condizioni dell’universo nei suoi primi istanti e di risalire, dall’esame delle piccole increspature primordiali, alle strutture del cosmo come lo conosciamo oggi, popolato di galassie e dominato dalle forze fondamentali della natura.

Ma sembra che ci saranno “sorprese” anche a livello di rivelazioni sullo spaziotempo...
Sì. Una seconda novità che mi aspetto è di scoprire qualcosa circa i processi che hanno determinato la forma dello spazio-tempo: sarebbe interessante trovare tracce delle onde gravitazionali che potrebbero essere state presenti fin da epoche remote e hanno contribuito a distorcere la trama strutturata dello spazio-tempo. Sarà inoltre interessante raccogliere dati che consentano di mettere alla prova la cosiddetta teoria dell’inflazione, secondo la quale le fase iniziali dell’evoluzione cosmica sono state caratterizzate da un periodo di rapida espansione; le accurate misure di Planck ci permetteranno di studiare come si è innescata l’espansione e quali conseguenze ha prodotto.
Speriamo anche di trovare indizi utili per ricostruire i processi di formazione delle galassie.
Molte altre scoperte saranno possibili. Credo che i prossimi anni saranno anni molto eccitanti per la cosmologia e quindi un po’ per tutti.

In questi giorni ha ripreso a funzionare il super acceleratore LHC al Cern di Ginevra. Come cosmologo, cosa si aspetta dalle ricerche sulle particelle elementare come quelle che si faranno con LHC?
È suggestivo constatare come tutto sia connesso nell’universo. In particolare c’è un legame molto stretto tra il microcosmo e il macrocosmo: ogni cosa che succede a livello della materia microscopica, come quella studiata con LHC ha un riflesso sulla scala macro, quella delle galassie e delle strutture studiate da noi cosmologi. Molte delle domande alle quali cercano di rispondere i fisici delle particelle che operano al Cern, le ritroviamo nelle nostre indagini sull’infanzia del cosmo. Oggi tra le teorie più suggestive che cercano una verifica negli esperimenti come quello di LHC, ci sono quelle basate sulla supersimmetria: la differenza tra il gran numero di particelle presenti probabilmente ai primordi dell’universo rispetto a quelle che troviamo oggi, è dovuta proprio alla rottura della simmetria che si è verificata poco dopo il big bang, al quale le nostre ricerche si stanno avvicinando.

Pensa che sarà possibile arrivare ancor più vicino al momento iniziale, senza incontrare limiti?
Penso che non sapremo mai dove porre il limite. Peraltro, dico sempre ai giovani scienziati che per scoprire qualcosa di nuovo devono credere che ciò sia possibile, devono aver fiducia nei loro strumenti di indagine; altrimenti è inutile anche solo avviare una ricerca. Certo, ultimamente abbiamo fatto molti passi avanti e penso che prima o poi arriveremo ad avere un quadro abbastanza chiaro dello scenario cosmico. A questo punto sarà ancor più interessante porre quelle domande tipiche dei filosofi e dei teologi: perché esiste questo universo? Perché ha questa forma, questo modo di evolvere? Sono domande che comunque è possibile già porre oggi e sulle quali dialogare tra studiosi di diverse discipline.

Secondo la sua esperienza, quali sono state in fisica le scoperte più sorprendenti e inattese?
C’è sempre un quid di imprevedibilità anche nelle scoperte più attese. Certamente la presenza nell’universo della energia oscura, la dark energy, è stata uno delle scoperte che più mi ha sorpreso e che ha implicazioni ancora non del tutto evidenti, sia nella ricostruzione che noi cosmologi facciamo della storia passata dell’universo, sia nelle previsioni sulla sua possibile evoluzione futura.
Tra le altre scoperte in fisica, una che mi è sempre sembrata tra le più imprevedibili è quella della superconduttività, realizzata quasi cento anni or sono e che ancora si sta studiando per poter elevare il limite della temperatura alla quale è possibile far circolare corrente senza perdita di energia.
Ma poi sono sempre stupito dalle novità che vengono dal mondo della biologia e delle scienze neurologiche: sia per l’imprevedibilità delle loro possibili implicazioni, sia perché ci costringono a continui cambiamenti dei paradigmi con i quali inquadriamo molti fenomeni. Le scoperte che mi sorprendono maggiormente sono quelle che mi costringono a cambiare i paradigmi
mentali.

Nessun commento: