mercoledì 11 novembre 2009

Un recettore per la medicina rigenerativa.

Fonte: Le Scienze
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Le cellule staminali renali esprimono un recettore che, se opportunamente stimolato, innesca meccanismi che concorrono alla riparazione di eventuali danni a quell'organo.
Alcuni anni fa nel rene - e in particolare nella capsula di Bowman e nei tubuli prossimali - era stata identificata la presenza di cellule staminali progenitrici delle cellule renali adulte (ARPC). Ora un gruppo di ricerca dell'Università di Bari diretto da Francesco P. Schena è riuscito a identificare su tali cellule un particolare tipo di recettore che potrebbe funzionare da antenna o "sensore" di danno, facendo percepire alle cellule staminali stesse la presenza di un danno nei tessuti circostanti. Da tempo si sa che i recettori cellulari TLR sono implicati nel risposta immunitaria a una varietà di agenti patogeni e che partecipano allo scatenamento della risposta immunitaria innata. Più di recente si era scoperto che questi recettori sono in grado di riconoscere anche materiale endogeno che viene rilasciato in presenza di un danno cellulare, come prodotti di degradazione di macromolecole, elementi della cascata proteolitica o prodotti di geni attivati nei processi infiammatori. Ora, come viene spiegato in un articolo ("TLR2 plays a role in the activation of human resident renal stem/progenitor cells") a prima firma Fabio Sallustio e pubblicato sul "FASEB Journal", i ricercatori italiani hanno non solo scoperto che le cellule renali ARPC esprimono un particolare tipo di questi recettori, nello specifico il recettore TLR2, ma anche che la sua stimolazione attiva le cellule staminali residenti nel rene e le induce a proliferare e a secernere una serie di fattori che potrebbero direttamente concorrere alla riparazione del danno renale o, a loro volta, indurre altri tipi di cellule ad intervenire nei processi di rigenerazione.Sfruttando questa scoperta, grazie alla stimolazione indotta del recettore TLR2, Sallustio, Schena e collaboratori sono inoltre riusciti a far differenziare le cellule staminali in cellule dell'epitelio tubulare renale in tempi molto più brevi del normale. La ricerca, oltre ad aggiungere un importante tassello alla comprensione dei meccanismi di funzionamento delle cellule staminali renali, apre in prospettiva le porte all'utilizzazione di queste cellule nel campo della medicina rigenerativa. (gg)

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