lunedì 14 settembre 2009

SCOPERTO COME I BATTERI RESISTONO AI FARMACI

Antibiotici inefficaci contro i batteri e le malattie non riescono a passare. Questo avviene perchè si abusa dei farmaci antibiotici e perchè i microrganismi patogeni hanno imparato a difendersi dalle molecole terapeutiche che li attaccano. Uno studio della New York University School of Medicine, pubblicato sulla rivista “Science” e guidato dal dott. Evgeny Nudler, mette in luce il meccanismo chimico che consente ai batteri di difendersi dai farmaci.I batteri sono pericolosi per diversi fattori: la violenza con cui attaccano l'organismo, la velocità con cui si diffonde l'infezione e, non ultima, la loro farmacoresistenza, cioè la capacità che hanno di resistere ai medicinali.L'Organizzazione Mondiale della Sanità considera la farmacoresistenza come un allarme medico assai importante e crescente.La ricerca newyorchese spiega che il battere Staphylococcus Aureus, lo stafilococco responsabile di moltissime infezioni e patologie, si difende dai farmaci producendo una molecola: il monossido d'azoto. Gli studiosi hanno scelto di osservare quest'agente patogeno perchè molto diffuso e perchè divenuto resistente all'antibiotico chiamato meticillina (MRSA).Mettendo in contatto lo stafilococco con l'antibiotico, i ricercatori hanno osservato che il battere si difendeva dall'attacco producendo il monossido d'azoto, sostanza che lo interferiva col medicinale, rendendo il principio terapeutico molto meno aggressivo ed efficace verso lo stafilococco.Gli scienziati pensano che eliminando l'enzima batterico responsabile della produzione del monossido d'azoto, si potrebbe rendere il batterio chimicamente più vulnerabile, aumentando quindi l'efficacia degli antibiotici, anche somministrati in dosi minori delle attuali.La scoperta del sistema con cui lo stafilococco, e probabilmente altri batteri, si difendono dai farmaci, potrebbe rappresentare una svolta nel cammino che tende a ridurre sempre più gli episodi di farmacoresistenza.Ulteriori sviluppi di questo studio potrebbero condurre a medicinali che mirano specificamente a colpire gli agenti patogeni aggirando i loro sistemi di difesa: in questo modo ci si potrebbe curare con farmaci più efficaci e assunti in dosaggi più lievi. La resistenza ai farmaci antimicrobici rappresenta una delle maggiori minacce alla salute pubblica, dovuta al diffondersi di diversi ceppi batterici che hanno imparato a difendersi dalla quasi totalità degli antibiotici di uso corrente. Se non si scoprono nuovi prodotti che agiscano attraverso meccanismi completamente diversi c’è il rischio, nel giro di pochi anni, di trovarsi disarmati di fronte a batteri particolarmente pericolosi. Non a caso, nell’ambito del 7° Programma Quadro dell’Unione Europea, la resistenza ai farmaci antimicrobici è stata individuata come una delle maggiori minacce alla salute pubblica.In questa direzione va lo studio pubblicato sulla rivista Angewandte Chemie International Edition, frutto del lavoro di un team di ricercatori dell’Istituto di chimica biomolecolare del Consiglio nazionale delle ricerche di Padova (Icb-Cnr), del Dipartimento di scienze chimiche dell’Università di Padova e del Dipartimento di biologia dell’Università di Ferrara.“Abbiamo modificato un antibiotico naturale”, spiega Marco Crisma, dell’ Icb-Cnr e coordinatore della ricerca, “introducendo all’interno della molecola, mediante sintesi chimica, una sonda utile per studiare in dettaglio il meccanismo con cui il peptide perfora le membrane cellulari dei batteri”. La sonda introdotta nella molecola è un amminoacido non naturale, chiamato Toac. Mediante tecniche biofisiche è stato possibile verificare che questa molecola modificata mantiene la capacità, propria dell’antibiotico naturale, di formare canali nelle membrane di cellule intere, attraverso i quali possono passare acqua e ioni. La struttura tridimensionale della molecola e la precisione di posizione e orientamento della sonda al suo interno, determinate in questo studio, sono un requisito necessario per sfruttare la sonda in indagini mirate a stabilire come si dispone la molecola nelle membrane cellulari, se forma aggregati, ed eventualmente di quante molecole sono costituiti tali aggregati.Questo studio potrebbe aprire la strada allo sviluppo di nuovi antibiotici dotati di maggiore efficacia. “Infatti”, sottolinea il ricercatore “se si riesce a perforare la membrana di una cellula quest’ultima muore. L’esperienza ci ha insegnato che i batteri sono piuttosto bravi a modificare, attraverso mutazioni genetiche, gli enzimi che sono i bersagli degli antibiotici di uso corrente. Se il bersaglio si è modificato l’arma può diventare inefficace e insorge la farmacoresistenza. D’altra parte, è estremamente più difficile per i batteri elaborare strategie utili a modificare le loro membrane cellulari”. Quindi, eventuali antibiotici che agissero direttamente a livello delle membrane delle cellule batteriche sarebbero meno esposti al rischio di indurre farmacoresistenza. “Come al solito”, commenta Marco Crisma, “la natura è arrivata prima di noi a queste conclusioni. In effetti sono state isolate da molteplici fonti naturali (insetti, funghi, organismi marini, pelle di anfibi, etc.) svariate molecole che funzionano da antibiotici attaccando le membrane delle cellule batteriche. Purtroppo queste molecole in genere non guardano tanto per il sottile, e attaccano anche le membrane delle nostre cellule. Sarebbero un buon punto di partenza per sviluppare nuovi antibiotici, a condizione che si riesca ad abbassarne la tossicità. Per progredire in questa direzione è necessario capire meglio, possibilmente a livello molecolare, come questi antibiotici interagiscono con le membrane delle cellule batteriche e con quelle dei mammiferi”.

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