lunedì 22 giugno 2009

Sul concetto di "Libero Arbitrio": Siamo davvero liberi di scegliere il nostro destino?

Laplace una volta disse:

"Un'intelligenza che, ad un dato istante, conoscesse tutte le forze da cui è animata la natura e la situazione rispettiva degli esseri che la compongono, se per di più fosse abbastnza profonda per sottomettere questi dati all'analisi, abbraccerebbe nella stessa formula i movimenti dei più grandi corpi dell'universo e dell'atomo più leggero: nulla sarebbe incerto per essa e l'avvenire, come il passato, sarebbe presente ai suoi occhi."
Perchè questa teoria è stata smentita?
...perchè tutti hanno preferito basarsi unicamente sul Principio di Indeterminazione di Heisenberg,ignorando il fatto che esso scaturisca e prenda forma dall'Umana Ignoranza, definita dai nostri stessi limiti di osservazione.L'uomo in genere preferisce credere solo e unicamente a ciò che è in grado di vedere...ma se tutto fosse visibile,paradossalmente,egli non vedrebbe più nulla;poichè verrebbe accecato dal Tutto.Il Determinismo è morto con la nascita del Principio di Indeterminazione di Heisenberg;e tutti gli scienziati se ne guardano bene dal portarlo ancora in luce,per paura di perdere di credibilità all'interno della comunità in cui operano...e quindi di perdere il lavoro.Esso comunque (Determinismo),celato nei cuori di parecchi scienziati (...forse i migliori),continuerà ugualmente a vivere...permettendo alla scienza di non dover mai scomodare Heisenberg,Schrödinger,Bohr e tutti coloro che hanno gettato le basi della meccanica quantistica.(Se Gödel fosse stato preso veramente sul serio,tutta la matematica sarebbe sicuramente finita su un binario morto.Ogni scienza,per poter progredire,paradossalmente,ha bisogno sempre da parte nostra,di un pizzico di Illogicità ed Ignoranza).

Il risultato importante ottenenuto dal Teorema di Bell è stata una separazione fra due problemi (probabilità e non località),che Einstein aveva ritenuto inestricabilmente interconnessi. I risultati di Alain Aspect dimostrano che la non-località fa parte della natura,indipendentemente dal fatto che essa abbia o no qualcosa a che fare con la meccanica quantistica,e i risultati empirici non hanno nulla da dire sul problema se la completa e corretta teoria sottostante sia probabilistica o deterministica (Bohr o Bohm,per intenderci).Entrambe le versioni funzionano e noi, a tutt'oggi,non abbiamo ancora alcuna ragione quantitativa,empirica,per preferire l'una o l'altra.Oggi,se si vuole,si può ancora credere in universi paralleli,o in variabili nascoste e nel loro determinismo,ma non si può più immaginare che tali sforzi possano rendere la meccanica quantistica subordinata ad una concezione del mondo anteriore,e oggi screditata.
A questo punto vorrei citare R.Penrose:”Come Einstein e i suoi seguaci delle teorie delle variabili nascoste,io credo fortemente che lo scopo della fisica sia quello di fornire una descrizione oggettiva della Realtà”,una descrizione,in altri termini,che non dipenda dalle scelte imprevedibili che può fare “questo” o “quello” sperimentatore. Se si toglie quest’oggettività,come fa la concezione di Copenhagen,si sgretolano i fondamenti della scienza.Ma analizziamo con maggiore precisione quest’idea di oggettività. Penrose usa l’espressione “descrizione della realtà”,e i seguaci di Bohr,più di quelli di Einstein,sosterranno che l’Interpretazione di Copenhagen fornisce proprio una tale “descrizione”,la quale sarebbe oggettiva nel senso che chiunque possegga una corretta formazione quantomeccanica può fare gli stessi esperimenti e pervenire quindi alle stesse conclusioni generali.Che cosa fornisce infatti la meccanica quantistica se non un mezzo per analizzare qualsiasi situazione sperimentale si voglia immaginare,e predire a partire da essa la varietà di possibili risultati in cui ci si imbatterà? Questo non è forse un procedimento oggettivo? È vero che le predizioni hanno una natura probabilistica,ma ciò non significa che non siano oggettive: tutti saranno d’accordo circa le probabilità pertinenti; una serie di esperimenti compiuti dalle stesse persone o da persone diverse produrrà un elenco di risultati in accordo con tali probabilità; e i risultati di singoli esperimenti saranno invariabilmente nell’ambito dei risultati possibili permessi dalla meccanica quantistica.Lo stesso Penrose prosegue dicendo che non è l’indeterminismo della meccanica quantistica a preoccuparlo.Dove sta dunque esattamente il problema?La risposta è che col vocabolo “oggettività” gli scienziati intendono tradizionalmente qualcosa di più della capacità di concordare sui risultati (o sui risultati probabili) degli esperimenti. Essi intendono una cosa più profonda, ossia che i risultati sperimentali si riferiscono ad una realtà oggettiva,essendo tutti in accordo con la stessa realtà sottostante.È questa seconda idea che la scuola di Copenhagen rifiuta: come per il caso degli esperimenti EPR, si deve evitare scrupolosamente la tentazione di supporre che i risultati di due esperimenti incompatibili (due esperimenti che non si possono fare fisicamente nello stesso tempo,sullo stesso sistema) debbano fornire risultati in armonia fra loro.Possiamo dividere la nozione di oggettività degli scienziati in due parti.Secondo quella che potremmo chiamare l’”oggettività debole”,per il buon funzionamento della scienza è essenziale che tutti gli scienziati possano concordare sulle regole, e che possano concordare senza ambiguità (quando vengono a trovarsi di fronte a una situazione sperimentale specificata) su ciò che può accadere e su ciò che non può accadere.Questa condizione sembra in effetti essenziale alla scienza,e la meccanica quantistica,in qualunque interpretazione scegliamo,aderisce a questo principio.Quella che possiamo chiamare “oggettività forte” va oltre, e dichiara che l’immagine del mondo fornita dalla somma totale di tutti i risultati sperimentali su tutti gli aspetti possibili del mondo,non è in effetti solo un’immagine ma si identifica in realtà con il mondo oggettivo,qualcosa che esiste fuori di noi, e prima di ogni concezione o misurazione che potremmo averne o eseguirne.L’oggettività debole è un criterio minimo che gli scienziati devono accettare per poter compiere il loro lavoro: essi debbono poter concordare su regole e procedure per compiere confronti privi di ambiguità di risultati sperimentali,per essere sicuri che lo stesso esperimento,compiuto da persone diverse,darà sempre risultati coerenti. C’è una tentazione quasi irresistibile,confortata dai risultati di centinaia di anni di ricerche scientifiche, a compiere il salto dall’oggettività debole a quella forte.Esso rimane però un salto “fideistico”,non una necessità scientifica.Poiché la teoria di Bohm, è matematicamente identica alla teoria quantistica standard,può darsi che nessun esperimento possa mai essere effettivamente decisivo in tal senso.Quale delle due concezioni si preferisca è quindi una questione di gusto filosofico. La maggior parte dei fisici accetta implicitamente la concezione di Copenhagen in quanto è la più semplice; la versione di Bohm aggiunge complicazioni matematiche senza produrre alcun risultato nuovo.Ciò nonostante, molti fra i fisici che seguono implicitamente la linea di Copenhagen cominciano a sentirsi un po’ in imbarazzo quando si trovano direttamente di fronte alle sue implicazioni più profonde.La rivoluzione si completerà forse nel tempo,quando i risultati sperimentali degli ultimi anni saranno pienamente recepiti e gli scienziati li accetteranno nel loro vero valore.
A mio avviso,la posizione di Bohr (la sua filosofia di Copenhagen) è un modo sistematico di occuparsi della meccanica quantistica,evitando però al tempo stesso qualsiasi assunto ingiustificato o non necessario su ciò che è "reale".Il nuovo sviluppo è che la meccanica quantistica,nonostante la sua mancanza di una realtà oggettiva,da origine tuttavia ad un mondo macroscopico che agisce,per la maggior parte del tempo,come se fosse oggettivamente reale.Gli esperimenti di Aspect,mostrando che la natura non si conforma al teorema di Bell,dimostrarono in pratica che la non oggettività della meccanica quantistica potrebbe essere rivelata in un esperimento progettato ed eseguito con cura.Esso richiede però uno "sforzo" speciale,e dimostrazioni del genere non hanno luogo per caso nel mondo che ci circonda.Così,quasi paradossalmente,possiamo credere per lo più in una realtà oggettiva,perchè la MQ predice che il mondo dovrebbe comportarsi in tal modo.Ma proprio perchè il mondo si comporta in un certo modo, abbiamo acquistato una fede profonda in una realtà oggettiva.
Fausto Intilla (www.oloscience.com)

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